La corruzione nella sanità lombarda? Da cosa nasce cosa… – di Alberto Vannucci

mercoledì, 24 Febbraio, 2016
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Non nutre. Non è fonte di ispirazione. Semmai di angoscia, tristezza, scoramento. Allora perché pubblicare sul nostro Lab questa sconsolata analisi di uno dei migliori esperti italiani di corruzione, Alberto Vannucci?
In primo luogo perché siamo l’Università contigua a un grande Ospedale che in passato è stato coinvolto in vicende altrettanto scoraggianti, soprattutto se confrontate alla dedizione, all’impegno, alla bravura o alla generosità di tanti suoi operatori. E vogliamo tener desta la coscienza del pericolo sempre incombente. Ma in secondo luogo e soprattutto perché anche questo è il pane della conoscenza, per marcio e orrendo che sia. La nostra Facoltà a partire dall’anno prossimo offrirà un programma magistrale che accentua il peso della ragion pratica nei suoi insegnamenti, con immissioni di Diritto, Teoria Politica, Scienze sociali – in direzione dunque di una nuova valorizzazione della filosofia come strumento di comprensione e – si spera – anche forza di civilizzazione. Comunque, fonte di consapevolezza. Perché non c’è modo migliore di far prosperare questo cancro che riduce l’Italia a vivacchiare agli ultimi posti nella classifica degli indicatori di civiltà, democrazia e benessere, che voltarsi dall’altra parte e discettare dell’Essere e del Nulla.

 

LA CORRUZIONE NELLA SANITÀ LOMBARDA? DA COSA NASCE COSA… – di Alberto Vannucci

La spiegazione del malaffare endemico che alligna nella sanità lombarda non va imputata alla perversa efficienza del modello corruttivo ambrosiano, svelata già negli anni di Mani pulite e affinatasi nel corso del tempo. Non discende dalle qualità del marchingegno criminale approntato dal facilitatore Daccò, nel quale le corsie preferenziali per i rimborsi gonfiati di prestazioni ospedaliere private erano contropartita di vacanze all-inclusive e di altri cortesi omaggi ai vertici istituzionali regionali. E neppure dal fluido funzionamento del circuito messo in piedi dall’ex vicepresidente Mantovani, sostenuto dall’espansione continua delle cerchie di beneficiari in un reticolo di conflitti di interesse e favori incrociati che ne rinsaldava nel contempo gratitudine e ricattabilità reciproca.

Né tantomeno – per quel che è dato di sapere – dal profilo familistico-amorale dell’approccio alla Fabio Rizzi, ultima vittima illustre delle inchieste giudiziarie, a quanto pare improntato a una conversione sistematica in potere d’acquisto per alcuni funzionari, politici e loro congiunti del potere di selezionare e finanziare i fornitori di prestazioni odontoiatriche private negli ospedali pubblici.

Quelle emerse grazie agli scandali degli ultimi mesi e anni sono soltanto declinazioni individuali, molto parziali e settoriali, di un modello di sanità “corrotto” fino alla radice. Non solo e non necessariamente in forme penalmente rilevanti – nessuna sorpresa se le condotte di alcuni protagonisti, oggi pubblicamente stigmatizzate, restassero impunite alla fine della giostra giudiziaria. Quella che emerge dalle cronache è infatti una pratica sistematica, consolidata nel tempo e sotto certi profili “spudorata”, di molteplici abusi di potere a fini privati – basti pensare all’intestazione di quote di società destinatarie di appalti milionari alle compagne dei decisori pubblici coinvolti, ovvero alle prestazioni “regalate” a politici da professionisti beneficiari di generosi contratti di consulenza. (continua la lettura dell’articolo pubblicato sul sito di Libertà e Giustizia qui)

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2 commenti a La corruzione nella sanità lombarda? Da cosa nasce cosa… – di Alberto Vannucci

  1. Ruggero Pardi
    giovedì, 25 Febbraio, 2016 at 11:47

    Rileggendo il pezzo di Vannucci, come ben evidenziato dall’autore, è solo il nome dei protagonisti che consente di capire che questa vicenda è nuova e diversa da altre che si sono susseguite in precedenza… pensavo ad esempio a “Lady ANAS” Antonella Accroglianò…

    La vera novità secondo me, cui andrebbe dato grande risalto, è che si organizzino percorsi formativi centrati sul problema di (ri)costruire una futura classe dirigente selezionata anche sulla base di fondamenti etici. Già lo studente dovrebbe confrontarsi con gesti e comportamenti che fanno parte della quotidianità ma che contnegono in sé i presupposti per violare questi fondamenti etici.

    Perché l’etica e il vivere civile non sono certo caratteristiche innate (quanto meno nell’homo italicus) ma vanno insegnate per quanto possibile. E l’esame di etica e vivere civile dovrebbe essere in assoluto il più difficile da superare…

    Non so quanto il “programma magistrale” cui fa riferimento Roberta si inserisca in quest’opera di formazione e informazione. Se così fosse ad esso andrebbe data grande visibilità anche al di fuori della cerchia degli studenti dei corsi di laurea di filosofia.

  2. sabato, 27 Febbraio, 2016 at 16:19

    Non potrei essere più d’accordo con la tesi di Ruggero Pardi: l’esame di etica e vivere civile dovrebbe essere la base e forse anche il vertice di tutta la formazione. Tutta, non parliamo poi di quella umanistica. Noi invece sforniamo giovani professori che hanno come categorie politiche quella del Servo e quella del Padrone e come orizzonte civico il ritorno al populismo nazionalistico, contro Finanzkapital e Unione Europea confusi in uno. Costoro si definiscono hegeliani e si sa che per Hegel hanno efficacia solo le forze sovrapersonali, e le persone con le loro pretese di autonomia e universalismo morale non sono che polvere sugli stivali della storia. Bene, questi sono le intelligenze critiche che la nostra accademia ha promosso. E allora guardiamo se c’è oggi di meglio dal lato dello Stato. Vi segnalo l’articolo di Giovanni Bignami, già Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, che sulla Repubblica di oggi 27 febbraio denuncia il clamoroso atto di sfiducia del Governo, che ha erogato, nel silenzio del Ministero dell’Università e della Ricerca, nell’assenza di una vera Agenzia per la ricerca, indipendente ma pubblica, una quantità denaro pubblico e opache direttive per il dopo Expo e una serie del tutto arbitrariamente scelta di istituti, fra cui il privato Iit, ma anche un’azienda vinicola e insomma chi si fa sotto a sgomitare. Con buona pace di Elena Cattaneo, che ha tuonato invano contro questo andazzo. È etica pubblica questa? È civiltà giuridica? E noi staremo zitti? O ci metteremo a sgomitare anche noi per avere qualche briciola?

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