Perchè il SI alla riforma costituzionale – di Alfredo Del Monte

martedì, 11 Ottobre, 2016
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Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo intervento, scritto appositamente per noi, di una voce (autorevole) – che difende le ragioni del sì al referendum sulla Riforma Costituzionale. E data la grande chiarezza e articolazione delle sue tesi, speriamo che possa animare un po’ la discussione anche su questo Lab!

Alfredo Del Monte è Ordinario di Economia e Politica Industriale all’Università di Napoli (Federico II). Autore di oltre 150 pubblicazioni su riviste italiane e straniere ,autore di varie monografie su temi di Sviluppo Economico ed Economia Industriale. Fra le sue monografie segnaliamo: Il Miracolo degli ebrei, analisi di un mito, Bonanno 2014; Manuale di Economia e Politica Industriale, Utet, 2002; Recent Development in Industrial Organization, Mc Millan 1993; Il Mezzogiorno nell’Economia Italiana, Il Mulino (1978).

 

Perché il SI alla riforma costituzionale

di Alfredo Del Monte

Perché è stata proposta una profonda modifica della costituzione

L’Italia fino alla fine degli anni ‘80 ha promosso la crescita attraverso un modello economico basato sulla svalutazione da un lato e da una generosa politica della spesa pubblica  dall’altro che ha portato  agli inizi degli anni 90 ad un livello del debito pubblico elevatissimo. La spesa pubblica è stata anche gonfiata dalla corruzione che ha contribuito a ridurre il tasso di crescita del PIL e da riforme istituzionali di attuazione della costituzione come la nascita delle regioni negli  anni  ‘70. Agli inizi degli anni 90 si è iniziato a parlare di una serie di riforme strutturali  necessarie per poter rilanciare lo sviluppo :scuola,università,giustizia penale  e civile,semplificazione burocratica ,mercato del lavoro. Queste riforme non furono fatte nonostante che apparissero tanto più necessarie dopo l’entrata dell’Italia nell’euro, che impediva la svalutazione  e imponeva regole rigide  sul deficit di bilancio , per la presenza in parlamento di interessi  contrapposti (sindacati,associazioni professionali,associazioni imprenditoriali,magistrati ,interessi locali etc).L’Italia quindi, a differenza di molte altre nazioni che ,come la Germania, negli anni 90 hanno fatto tali riforme ha avuta una crescita decisamente inferiore alla media europea. La bassa crescita ,insieme all’elevata corruzione che ha gonfiato la spesa pubblica, ha contribuito a far salire il rapporto Debito (pubblico/PIL-)rendendo sempre più difficile la politica fiscale .Per superare le difficoltà dovute alla procedure parlamentari  esistenti si è discusso da tempo della necessità di un rafforzamento dell’esecutivo, mantenendo necessariamente una capacità di controllo del parlamento. La Riforma Renzi si è mossa in quest’ottica e numerose critiche sono state sollevate. (continua a leggere l’articolo qui)

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7 commenti a Perchè il SI alla riforma costituzionale – di Alfredo Del Monte

  1. Roberta De Monticelli
    venerdì, 14 Ottobre, 2016 at 17:02

    Speravo che qualcuno di più autorevole di me, o almeno di più fresco, rispondesse al Professor Alfredo Del Monte, che ringrazio nuovamente per averci indirizzato le sue contro-obiezioni e risposte, a difesa del sì alla riforma della Costituzione. Ma poiché vedo che nessuno lo fa (ancora) – provo a inoltrare io un paio di commenti.
    Dunque il primo riguarda la sua premessa, che lega in una successione logica le riforme strutturali che l’Italia avrebbe dovuto fare e non fece negli anni ’90 e le riforme istituzionali ora in questione, ma di cui almeno da allora si parla. “Per superare le difficoltà dovute alle procedure parlamentari esistenti si è discusso da tempo della necessità di un rafforzamento dell’esecutivo…”. Ma di quelle “riforme strutturali” invece una parte è poi stata fatta, da questo stesso governo: scuola (ahimé) e mercato del lavoro ad esempio. Quindi la questione è: il fatto che altre negli anni non furono fatte dipende dalle procedure parlamentari attuali? Del Monte stesso sembra negarlo, se dice che non lo furono “per la presenza in parlamento di interessi contrapposti (sindacati,associazioni professionali,associazioni imprenditoriali,magistrati ,interessi locali etc)”. Dunque qui il bicameralismo paritario c’entrava poco. E siccome mi pare l’autore prenda molto sul serio l’argomento dell’inefficienza del bicameralismo paritario, senza ricordare le 350.000 leggi, la proliferazione dissennata che evidentemente non parla a favore di una lentezza legislativa, o le ragioni delle attese eterne e veramente scandalose di leggi come l’anticorruzione, le unioni civili, il testamento biologico (litigiosità interna alle stesse maggioranze, non “rimpallo” fra le camere), bisognerebbe almeno ricordare che quelle che invece sì, sono state rallentate dal rimpallo, (fra cui alcune leggi berlusconiame ad personam) – non lo sono state affatto a causa delle procedure legislative, ma dell’effetto che ha avuto il Porcellum dalla sua adozione nel 2005, provocando forti discrepanze nei meccanismi di elezione e quindi nei rapporti numerici fra Camera e Senato. Qui dunque di nuovo non è il bicameralismo, ma una legge elettorale incostituzionale a provocare i guai, ammesso e non concesso che tali siano stati!
    Insomma: avrà poi torto La Malfa quando scrive e ribadisce (Corsera 10/10, “Il problema italiano non sono le istituzioni”) che l’impotenza a governare dipende dalla qualità della politica (cioè dall’incapacità e dalla mancanza di veri progetti di respiro da parte dei governi italiani degli ultimi vent’anni, compreso quello attuale) e non dall’assetto costituzionale, comunque si potessero poi semplicemente e facilmente ritoccare i singoli punti veramente non più giustificati della Carta?

  2. Claudio
    domenica, 16 Ottobre, 2016 at 21:00

    Raramente si trovano argomentazioni efficaci che entrino nel cuore degli articoli che sono oggetto della revisione costituzionale,come per esempio ha fatto Tremonti su Hiffington Post ( http://www.huffingtonpost.it/giulio-tremonti/costituzione-loro-insaputa_b_12490096.html?utm_hp_ref=italy ).Le critiche di Tremonti a mio avviso mostrano i lati deboli delle argomentazioni favorevoli al SI riguardo ad un paio di articoli.

  3. Giacomo Costa
    mercoledì, 19 Ottobre, 2016 at 00:07

    Perche il Si, perché il No.
    L´interessante nota di Alfredo Del Monte è in tre sezioni: 1) sull´esigenza di una riforma, 2) di difesa della riforma oggetto di referendum dalle critiche degli oppositori, e 3) di proposta di una spiritosa tipologia degli oppositori. Le discuterò brevemente nell´ordine.
    1. L´argomento della prima è a mio avviso il più importante, ma discusso troppo sommariamente. Ecco i motivi di alcune perplessità. Non mi pare che negli anni Novanta si sia mai arrivati a delineare chiaramente un insieme di riforme condiviso. Al contrario, in alcuni casi (pensioni, istruzione pubblica) è stata l´intera società a respingerle. In altri casi (liberalizzazione del mercato del lavoro, riforma della burocrazia) erano le forze di sinistra a osteggiarle, in altri (giustizia, concorrenza) quella di destra, che si sono alternate al governo. L´idea di Del Monte parrebbe la seguente: siccome il potere di veto sulle riforme viene esercitato da queste forze in Parlamento, per ridurne l´efficacia basta ridurre il potere del Parlamento a vantaggio del Governo. Ma il governo si regge su una maggioranza, in cui alcuni degli interessi in contrasto sono ben presenti! E naturalmente, come abbiamo ben visto con Renzi, i vari gruppi di interesse possono stabilire con il governo rapporti diretti, non meno pericolosi, a volte, di quelli che passano per il Parlamento. Cosa con tutto ciò abbia a che fare le “procedure parlamentari” non é chiaro. Anche se di per sé, potrebbero benissimo essere cambiate con delle modifiche nei regolamenti parlamentari. Vi è pero un ingorgo nel nostro circuito parlamento-governo, di cui parla nei suoi ultimi libri Gianfranco Pasquino, e di cui ho riferito negli “Appunti sulla riforma costituzionale” pubblicati in questo blog e che ho fatto avere anche al Prof. Del Monte: una sconcertante patologia, le cui origini non sono chiare ma che non sembra avere niente a che fare con il bicameralismo. Per esempio, la storia dell´attrazione-repulsione dei governi per la spending review è nota. Con il proposto bicameralismo differenziato, aumenterebbe l´attrazione e si ridurrebbe la repulsione di Renzi per la spending review?
    2.La rassegna critica delle critiche alla proposta di riforma è ben condotte in generale sono d´accordo con lui. Ho però da fare due rilievi.
    Il primo verte su sulla sua b): la riforma non riduce i tempi di approvazione delle leggi,perché, sostengono i critici, non è vero che il bicameralismo paritario rallenta il processo legislativo. E a riprova danno la grande produttività del Parlamento italiano. Ma si tratta in gran parte di leggine tese a “soddisfare gli interessi di varie categorie,” continua Del Monte: il numero delle leggi non è certamente un buon indicatore di efficienza. Ha ragione. Ma la qualità della legislazione, per quanto importante e completamente trascurata in tutti i dibattiti sulla riforma, non è in questione. E’ in discussione la celerità, e di quella il numero di leggi approvare in un anno è un indicatore corretto.
    La seconda osservazione riguarda una critica importante che nel suo elenco è mancante: alla concezione del nuovo Senato e a come si raccorda con il regionalismo. Alludo al fatto che non sia chiaro chi e cosa i nuovi senatori dovrebbero rappresentare, e che del resto gravi una totale incertezza su come debbano essere eletti. Eppure è un problema centrale, allo snodo dei due principali aspetti della riforma, la creazione di un bicameralismo differenziato e una nuova impostazione dei rapporti stato-regioni. A mio avviso una riforma che non ha affrontato questo problema con un minimo di sistematicità non può essere approvata.
    3. La tipologia degli oppositori della Riforma è la parte più istruttiva e spassosa nella nota. Bravo Alfredo. Vorrei però fargli notare un´omissione: quella della categoria dei benaltristi, nella quale anch´io mi colloco. I benaltristi pensano che i guai della società e della politica italiana siano molti e gravi, ma poco abbiamo a vedere con il bicameralismo indifferenziato e paritario. Giusto oggi mi è stato di un certo conforto trovare sul Corriere della Sera che anche il nostro collega Mario Monti, oltre a Giorgio La Malfa, appartiene a questo gruppo.

  4. Claudio
    mercoledì, 19 Ottobre, 2016 at 11:14

    In questo blog (ilcappellopensatore) c’è un articolo interessante della cosiddetta deriva autoritaria,sempre partendo dalla analisi degli articoli oggetto della revisione.

    http://ilcappellopensatore.it/2016/10/deriva-autoritaria-nella-riforma/#comment-1600

  5. domenica, 23 Ottobre, 2016 at 09:38

    Eccellente contributo per convincermi (se mai ce ne fosse stato bisogno) a dire NO.
    Già dalla premessa (la necessità di riforme strutturali e costituzionali perché “il rapporto debito/PIL” …il “tasso di crescita” – inteso nel senso economico, ovviamente) è essa stessa la negazione della nostra Costituzione basata e imperniata sulla persona.
    Per entrare, poi, nel merito, il prof. Dal Monte introduce il superamento del bicameralismo perfetto quale motivo limitante alla formazione delle leggi. Sarebbe oggettivamente facile ribattere che ci sono state leggi approvate in circa due ore (Boccadutri). Sarebbe oggettivamente facile ribattere che l’ordinamento italiano è ingolfato dalle troppe leggi, spesso contraddittorie. Una legge per qualsiasi cosa. Manca la legge sui calli al mignolo, una sull’alluce valgo e una sui calli al mignolo in costanza dell’alluce valgo e poi c’è tutto.
    No. Sarebbe troppo facile.
    Il mio ragionamento, invece, è altro. Si supera il bicameralismo perfetto? Assolutamente no.
    Una serie di materie permangono in regime di bicameralismo perfetto.
    Trattandosi di “materie” le possibilità interpretative, restrittive ed estensive sono enormi. Ad esempio: “funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città Metropolitane”. Dove sta il confine fra le funzioni fondamentali e quelle secondarie?
    E non parliamo dell’applicazione della normativa europea. Ci sono direttive che vanno dalla dimensione delle vongole alla sicurezza sul lavoro.
    Per tutto questo permane il regime di bicameralismo perfetto.
    Con una aggravante: il voto di fiducia.
    Solo la Camera può concedere la fiducia.
    Quindi, al Senato il Governo non può porre la questione di fiducia.
    Su quante leggi Renzi ha posto la fiducia in entrambe le camere?
    Bene, c’è la probabilità che quelle leggi, se fosse stata già in vigore la Costituzione riformata, non sarebbero mai uscite dal Parlamento.
    Alla Camera la legge viene approvata con la fiducia. Al Senato, non potendo porre la questione di fiducia, la legge viene modificata e torna alla Camera. Altra fiducia per ripristinare il testo governativo, altro passaggio al Senato e nuovamente modificata ….
    Non so in quale categoria il prof voglia mettermi, ma ho esaminato la riforma punto per punto e sinceramente, in se mi pare una schifezza.
    Ancora di più quando è evidente che per renderla appetibile vengono utilizzati spot palesemente fraudolenti.
    Se è necessaria la frode per vendere un prodotto, è sintomo di per se che il prodotto è pessimo
    Qui le mie riflessioni sulla riforma
    http://ilcappellopensatore.it/tag/riforma-costituzionale/

  6. Claudio
    mercoledì, 26 Ottobre, 2016 at 22:32

    Stavo discutendo con un sostenitore del si (su MicroMega) nel merito della modifica degli articoli 71 e 75 relativamente all’innalzamento della soglia dei votanti.

    Da un lato,l’interlocutore asseriva che l’innalzamento delle soglie aveva come premessa un’aspetto demografico come l’aumento della popolazione residente che c’è stato da dopoguerra sino ad oggi,alchè gli ho risposto:

    “…L’articolo 71 innalza la soglia da 50.000 a 150.000,mentre l’articolo 75 la innalza da 500.000 a 800.000. E’ solo nell’articolo 75 che si fa riferimento ad un dato statistico,nello specifio ‘la maggioranza degli aventi diritto’.

    Il tentativo di stabilire un rapporto tra l’aumento delle soglie e quello della popolazione residente da un punto di vista formale è scorretto,perchè il dato inerente la popolazione residente è un dato assai mutevole,si può tendenzialmente fare una previsione,senza che esistano indicatori certi di tale previsione.E dunque,stabilire un tale rapporto è solo una forzatura,visto che il dato statistico può assumere anche una inversione di tendenza.

    Fare poi un raffronto tra un dato statistico legato al dopoguerra (e chissà se i dati demografici dell’epoca erano realistici) e quello di oggi,se fosse fattibile,farebbe schizzare la soglia non di due o di tre volte,ma anche di più,se le intenzioni del redattore dei due articoli era tale.

    Chi ha stabiliti quei limiti,ad essere veramente rigorosi da un punto di vista formale,doveva citare fonti statistiche che descrivessero i vari dati tendenziali,secondo i metodi della demografia,ma mi pare che nulla di ciò sia stato fatto (ossia,in maniera rigorosamente scientifica)…”

    L’interlocutore,con un pò di ironia (citando il calcolo infinitesimale e Odifreddi) ribatte diversamente che un’altra ragione sarebbe quella di evitare il ricorso eccessivo allo strumento del referendum abrogativo perchè,citando Pannella,lo si poteva utilizzare da parte di una stretta cerchia di interessi politici.

    A mia volta,rispondo in questo modo:

    “Se l’obiettivo del redattore dei due articoli citati era quello di rendere più difficile il ricorso al referendum abrogativo,secondo me non c’era bisogno di alzare le soglie,in quanto,esiste già un vaglio preventivo di ammissibilità dei quesiti di un referendum abrogativo da parte della Corte Costituzionale;quello che si poteva fare era di migliorare semmai i criteri formali e procedurali che sono alla base della valutazione dell’ammissibilità affinchè la Corte escluda quesiti viziati da interessi politici ristretti e particolari come lei accennava che hanno scarso impatto sull’interesse collettivo.

    Dal mio punto di vista,l’aver arbitrariamente innalzato le soglie,significa anche rendere più difficili portare avanti delle battaglie civili,per esempio,un nuovo referendum sull’acqua,i referendum che si potrebbero fare sul reato di tortura,insomma,il referendum di per sè non ha solo una valenza meramente ‘politica’ ma anche una valenza relativa ai diritti civili.Quei referendum che puntano sulle battaglie civili e che rappresentano un vero e proprio interesse collettivo,non andavano penalizzati con tale arbitrario innalzamento di soglia,quel redattore che ha pensato di innalzare la soglia renderò più difficile per la popolazione civile difendersi da una legge fatta da una maggioranza che intacca per esempio l’ambiente,o che penalizza l’utilizzo di certi beni pubblici (a vantaggio per esempio dei privati).

    Riguardo poi al fatto che si innalzi la soglia per costringere pià votanti possibili rispetto alla situazione attuale,non tiene conto della attuale realtà sociale,basti pensare al fallimento nella raccolta di firmie per il referendum sulla Buona Scuola.Se è già difficile ottenere a volte un risultato significatvo nelle condizioni attuali (e il referendum sulla Buona Scuola era una vera e proria battaglia civile,non una battaglia politica),figuriamoci dopo….”

  7. giovedì, 10 Novembre, 2016 at 01:57

    Mi piace il tentativo di analisi psicologica che il Prof. Del Monte ha fatto e richiama la mia analoga disamina delle motivazioni psicologiche sottostanti la “Sì”, al “No” e allo “Astensionismo” riportate nel commento fatto su “La riforma costituzionale: una questione civile e culturale”.
    Centro l’attenzione su queste perché, al di là delle belle parole, Leggi, Costituzioni, sono i Comportamenti individuali che contano, vale più un atto che 100.000 parole… Ed i Comportamenti discendono dalla Cultura individuale, intendendo per Cultura non il nozionismo, ma “quello che faccio e come lo faccio, quando non ci penso”, il che rappresenta il mio “essere”, naturalmente con il suo portato di “Credenze”, “Atteggiamenti”, “Valori” derivati da Conoscenze ed Esperienze acquisite.
    E, allora, per partire da un’altra angolatura visuale io sono preoccupato perché questa rivendicazione di diritti, i più vari, fino a rivendicare come diritti anche quelli che potrebbero essere capricci (dopo il ’68 che ha avviato l’insurrezione all’insegna delle rivendicazione di maggiore libertà con minore oppressione e, a seguire, il Femminismo), ci sta portando a distruggere quelle Gabbie/Scatole psicologiche in cui il Sistema, come combinato disposto di Stato e Chiesa, ci aveva, senza che ce ne rendessimo conto, rinchiuso. Questo, se da un lato può soffocare l’individuo, in termini di libertà interiore e gioia, dall’altro è stato estremamente necessario per contenere il caos, il disordine, la violenza che caratterizzavano l’ORDA SELVAGGIA dei primitivi, da cui discendiamo. E Freud che ‘vedeva’, ha scritto: “L’uomo ha barattato la sua felicità per un po’ di sicurezza”.
    Così, nella socializzazione, abbiamo dato allo Stato il monopolio della forza per garantirci la sicurezza. Ora, però, come bambini, centrati sulla rivendicazione di libertà, fino, come ho scritto più sopra, ai capricci, stiamo sgretolando quelle Gabbie/Scatole, senza arrivare a renderci conto che questo, in assenza di una Consapevolezza generalizzata che tale non può essere perché non è nelle ambizioni di tutti, piano piano ci sta portando nuovamente verso il caos, il disordine, la violenza, tendendo all’ORDA SELVAGGIA, da cui proveniamo. Di questo, pur senza essere consapevoli delle dinamiche in gioco, la popolazione ha paura, nel suo naturale sentire la precarietà a fronte, se non altro, della Vecchiaia, della Malattia e della Morte. Ed ecco, allora, l’esplosione dei partiti populisti, da cui ci si illude di ottenere un po’ più di sicurezza. E se, tenuto conto che i partiti populisti al Governo poco possono fare per dare e consolidare sicurezza, allargo il discorso, intravedo che, su tale strada e con tale paura, si può finire anche nella Dittatura, sempre con l’illusione di sentirsi un po’ più protetti dalla paura di violenza, disordine, caos. Questo se non arriviamo, prima, ad una Educazione generalizzata ed istituzionalizzata alla Consapevolezza. Altrimenti non potremo evitare il Casino prossimo venturo.
    Che dire e quale conferma sulla violenza che dilaga, a fronte della mattanza, svoltasi nella notte del 3/3/16 in un appartamento di Roma, ad opera di due giovani, nemmeno ignoranti od emarginati, con l’uccisione raccapricciante di un altro giovane 23enne. Anche se c’era di mezzo la droga, c’è da prendere atto che la droga è stata solo una chiave che ha aperto una porta psichica su qualcosa del modo di essere che era già proprio di questi giovani e già dentro di loro e da cui è uscita la orrenda frase di “voler uccidere per vedere che effetto fa”. Mi sembra come non ci siano più limiti alle pretese, ai capricci degli “ancora Bambini”. Un caso isolato o il segnale di un trend? A leggere dei tanti altri casi di violenza e omicidi, a me non sembra che si tratti di casi isolati.
    Galimberti che su “D le Repubblica” del 29/10/16 scrive: «un peccato è mortale solo se è compiuto con “piena avvertenza” (capacità di intendere) e “deliberato consenso” (capacità di volere). Ma l’ordine religioso e quello giuridico non tengono finora conto della “capacità di sentire”, cioè che nel compiere il suo gesto il soggetto avverta una risonanza emotiva della sua azione… Mi piacerebbe sapere se soggetti del genere avvertano la differenza tra il parlar male di un professore o prenderlo a calci, tra corteggiare una ragazza o stuprarla. Perché se non avvertono questa differenza, allora sono privi di una facoltà fondamentale che non è né l’intendere né il volere, ma il “sentire”».
    E se allora vengono a mancare quelle Gabbie/Scatole psicologiche o “freni inibitori”, come generalmente vengono connotati e viene meno anche la capacità di “sentire”, cosa può salvarci dal dilagare del caos e della violenza prossime venture? Le Leggi? Una nuova e sempre più benfatta Costituzione? Belle parole? E ci perdiamo a parlarci addosso su questo??? Come se l’organo creasse la funzione e non il viceversa…

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