Mal di concorsi. Lettera di Gianluca Briguglia all’Associazione Italiana degli Storici delle Dottrine Politiche

martedì, 13 Dicembre, 2011
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In Italia esistono centinaia di associazioni scientifiche, che corrispondono spessissimo a una disciplina accademica in senso stretto (quella che viene chiamata una “classe di concorso”). Le finalità sono la diffusione della disciplina nella società, ma anche, e spesso soprattutto, la difesa dei suoi interessi accademici (e non di tutti i suoi iscritti, ma di quelli che hanno un potere nell’università). Ho scritto questa lettera aperta (già inviata al presidente che ho pregato di trasmetterla ai molti soci), con cui lascio una di queste associazioni per i motivi indicati, e la riporto qui perché penso possa avere un valore generale.

Gentile Presidente,

Le comunico con questa lettera aperta la mia decisione di lasciare l’Associazione Italiana degli Storici delle Dottrine Politiche, per due motivi generali.

Il primo è che in questi anni non ho sentito una sola parola pubblica (pubblica, perché in camera caritatis se ne sentono anche troppe) sullo svolgimento dei concorsi. Il secondo è l’incapacità dell’associazione di interpretare il ruolo dei ricercatori senza posto fisso.

1.Pur lavorando all’estero da quasi cinque anni, ho partecipato in questi anni a vari concorsi in Italia, sia relativi alla classe di “Storia delle dottrine politiche”, che ad altre discipline. Il dato statistico è impressionante (e non nuovo): vincono sistematicamente i candidati “interni”. I dati sugli ultimi 28 concorsi del nostro raggruppamento sono pubblici e molto chiari.
Il dato è talmente evidente che il principio di “comparatività” (stabilito dal buon senso e sancito dalla legge), secondo il quale dovrebbe vincere il candidato migliore presente al concorso, risulta non solo inerte ma addirittura, in qualche caso, irriso.

Non è infatti possibile da un punto vista logico che il migliore sia sempre, o quasi, il candidato locale. Certo può essere un valore che a Milano vinca un milanese, ad Alessandria un alessandrino, a Torino un torinese, a Caserta un casertano, a Cagliari un cagliaritano (chiarisco che sto citando città a caso, come i medievali nei trattati di logica dicevano “Petrus currit” senza riferirsi all’apostolo), ma questo ha poco a che vedere con la ricerca e con l’insegnamento accademico.

I più arditi tra i professori cercano di spiegare questa prassi con nobili ragioni di scuola locale (e sempre più locale), oppure facendo ricorso a un principio di apparente buon senso, quello dello ius loci, versione accademica del latinorum italico, altri dicono “è la cooptazione, bellezza!”, ma commissioni che non comparano titoli, pubblicazioni, attitudini, possibilità dei candidati e che soprattutto non spiegano le ragioni delle scelte, non stanno cooptando, ma cercano di compilare verbali stando attenti a che i ricorsi siano resi più difficili (con effetti a volte francamente comici).

L’Associazione, come la maggior parte delle learned societies italiane, non sembra aver nulla da dire pubblicamente su questo. Quindi o va tutto bene e io, e i non pochi che la pensano come me, mi sbaglio, oppure l’associazione ha abdicato a uno dei suoi doveri morali, quello di fare crescere la disciplina, l’istituzione universitaria e il Paese.

In un mondo perfetto, un’associazione che vuole difendere il livello scientifico di una disciplina fornirebbe gratuitamente ai suoi associati gli avvocati per i ricorsi. (…)

(continua)

Prosegui la lettura della lettera di Gianluca Briguglia sul sito Post.it.

Gianluca Briguglia è “Marie Curie Fellow” dell’Unione Europea all’EHESS di Parigi (Storia del pensiero politico medievale e moderno). Tra i suoi libri Il corpo vivente dello stato. Una metafora politica, Bruno Mondadori; La questione del potere. Teologi e teoria politica, Franco Angeli; Profilo del pensiero medievale (con M. Fumagalli), Laterza; L’Italia alla prova di se stessa (in corso di pubblicazione). Il suo blog personale è I’m no Jack Kennedy

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Un commento a Mal di concorsi. Lettera di Gianluca Briguglia all’Associazione Italiana degli Storici delle Dottrine Politiche

  1. Riccardo Bonadonna
    mercoledì, 14 Dicembre, 2011 at 23:51

    Giancarlo Briguglia cita a (giusta) meraviglia che un ricercatore di 45 anni nei patri lidi venga considerato e presentato come un “giovane”.
    Piccolo episodio personale di due giorni fa.
    Un collega di un altro Ateneo, invitato a tenere un seminario presso la nostra università, viene presentato dal moderatore all’uditorio come “uno dei più brillanti giovani ricercatori emergenti del suo campo”. Trovandomi seduto proprio accanto al collega, gli mormoro, peccando forse di senso della discrezione: “Scusami, ma quanti anni hai?”; e lui: “Cinquanta compiuti, ma è il riconoscimento che li porto benissimo!”

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