La noia della ragione, e la pigrizia dell’agire. Un appello agli studenti

sabato, 29 Febbraio, 2020
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La noia della ragione, e la pigrizia dell’agire. Un appello agli studenti

(di Bianca Bellini)

La chiusura delle scuole impone forzatamente un ritmo diverso, insolito. Per docenti e studenti la vita sembra essersi presa una pausa. Si vive in un limbo contaminato da raffiche di informazioni tanto martellanti quanto incerte o perfino contraddittorie. Non si sa quando si ricomincerà, non si sa come si ricomincerà, non si sa quanto questo scenario quasi filmico durerà. Molte cose, come sempre e come umanamente è giusto – per fortuna – che sia, non si sanno. La negazione sembra fare da padrona in questi giorni sospesi e aerei: non si sa, non si va a scuola, non ci si stringe la mano, non si vuole uscire di casa. Aleggiamo nella negazione e nell’incertezza.

Ora, in una situazione di questo tipo, penso sia doveroso rivolgere un invito di riscossa ai giovani studenti della nostra città. Perché, purtroppo, il rischio peggiore, in un contesto simile, è dietro l’angolo, pronto ad agguantarsi le migliori menti e soffocarle nella noia e nell’ignavia. Rischiamo, cioè, di farci mummificare da questa situazione, diventarne i suoi burattini, le sue statue di cera. Rischiamo di far soffocare le nostre qualità e dare in pasto al panico i nostri migliori pensieri, le nostre migliori idee, la nostra ragione. Rischiamo di farci contagiare dal panico in maniera ben peggiore del virus. Non ce ne rendiamo nemmeno conto, e ci troviamo avviluppati in ragionamenti dettati da psicosi collettive. Non ce ne rendiamo nemmeno conto, e rischiamo di trovarci mummificati “come tutto ciò che è avulso dal proprio contesto e pieno di quella tirannide insita nelle cose destinate a restare fissate per sempre che costituisce il fascino inquietante dei quadri viventi, come se all’improvviso la vita avesse preso un sonnifero e ora se ne stesse lì rigida, perfettamente coerente in sé, ben delimitata, eppure tremendamente assurda nell’insieme”.

Ebbene sì, in un contesto del genere, le parole di Musil ci spronano alla vita ed alla ragione: il fascino inquietante dei quadri viventi è molto attraente, seducente, accattivante, ma fatale. Comodo essere un personaggio di un quadro vivente. Ma questa vita assomiglia a quella che rischiamo di vivere in questi giorni: una vita con il freno a mano, una vita smorzata, fioca, smorta, sedata da un sonnifero, rigida, immobile. Quindi una vita, ci dice Musil, bel delimitata: una vita tranquilla, sicura, prudente, dai confini chiari: stiamo in casa, non usciamo, non parliamo, non facciamo gesti avventati, a momenti neanche ci guardiamo negli occhi. Ebbene, che vita è questa? Un’assurdità! Sabbie mobili di angoscia stanno infangando la vita. Attenzione, non la vita ben delimitata, sicura, rigida, tranquilla. No, questa vita è assurda, Musil ce lo sta facendo capire. Qui si sta parlando della Vita che non si lascia mummificare dalle contraddizioni che ci circondano e sempre ci circonderanno. Queste contraddizioni sono il sale della vita, la molla dei nostri desideri e delle nostre speranze, i germi dei nostri pensieri e delle nostre qualità.

“È la solita faccenda delle contraddizioni, dell’incoerenza e dell’imperfezione della vita. Se ne sorride o si sospira”: Musil ci dà un’alternativa. O sorridiamo o sospiriamo di fronte a tutte quelle contraddizioni che, di epoca in epoca, mettono la nostra umanità e la nostra ragionevolezza a dura prova. “L’umanità produce Bibbie e fucili, tubercolosi e tubercolina. È democratica, ma ha i suoi nobili e i suoi re; erige chiese e, dirimpetto alle chiese, università; trasforma i conventi in caserme, ma assegna alle caserme cappellani militari” e – potremmo aggiungere a queste parole di Musil – smercia mascherine, ma riapre i locali in orario serale; invita al buon senso, ma costruisce trasmissioni televisive su una melma di pettegolezzi legati alle conseguenze del virus. Insomma, o ne sorridiamo o sospiriamo. Qualsiasi sia la scelta personale, Musil ci invita a non sopportare le contraddizioni della vita come “una vecchia zia rimasta zitella sopporta le impertinenze di un giovane nipote”. Le contraddizioni – e un virus sembra essere l’archetipo della contraddizione della vita – chiedono una maggior dose di vita. La pretendono da un’umanità che voglia definirsi tale.

E quindi, lungi dal lasciarsi mummificare da questi giorni di vita sospesa, Musil esorta i nostri studenti ad avere gli occhi traboccanti di vita, ad usare la ragione per mostrare che un contesto paradossale come questo non è in grado di uccidere la loro umanità, la loro ragionevolezza e le loro qualità. Ma il rischio è dietro l’angolo, perché nulla vi è di più semplice in giorni sospesi di vita e invasi di paura che abbandonarsi mollemente alla noia e alla pigrizia. La noia della ragione, e la pigrizia dell’agire. Non pensare e non agire. Quando invece questi giorni pretendono da ciascuna giovane mente una riscossa di pensiero e di azione. Il pensiero che porta alla ragionevolezza, e l’azione che porta ad un uso fruttuoso e costruttivo di questo tempo, momentaneamente svincolato dai ritmi scolastici.

“Per quanto la cultura sia per così dire il sale nella pietanza della vita, alla buona società la cucina troppo sapida non piace”: con i loro pensieri e le loro azioni, i nostri studenti hanno tutte le qualità per mostrare che far parte della buona società, di cui Musil accenna in quest’ultima citazione, non è poi una gran cosa. La buona società, che oggi si nutre di mascherine, vive di panico, assorbe ogni falsa ma seducente notizia, e non riconosce umanità nel prossimo. Attenzione che è un attimo e le mascherine coprono anche gli occhi, soffocano la ragione, e annichiliscono la vita.

 

Bianca Bellini

Docente liceale di Filosofia e Storia a Milano

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