Santa Sofia – Una sconfitta per l’umanità, di Massimo Jevolella

lunedì, 13 Luglio, 2020
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Riprendiamo qui un articolo di Massimo Jevolella sulla re-islamizzazione di santa Sofia a Istanbul: perché nella sua prosa limpidissima c’è tutto il dolore per un’altra sconfitta di ciò che rende vivibile il mondo. Massimo Jevolella, raffinato arabista e scrittore, sa dire come pochi una cosa che i più ignorano, o addirittura disprezzano: come proprio l’universalismo possa essere la più intima, la più personale delle nostre speranze, e non astratto pallore ma fuoco vivo.

 

SANTA SOFIA – UNA SCONFITTA PER L’UMANITA’

di Massimo Jevolella

Ottantacinque anni fa Kemal Atatürk l’aveva trasformata in un museo. Aveva fatto scrostare gli intonaci che per secoli avevano nascosto gli splendidi mosaici bizantini che l’adornavano. Aveva restituito agli sguardi di tutti la meravigliosa basilica cristiana di Aghia Sofia (Santa Sapienza) che i sultani ottomani avevano convertito in moschea. Nel 2011 l’Unesco l’aveva dichiarata Patrimonio dell’umanità. E nel 2014 Papa Francesco, dopo aver pregato accanto al Gran Muftì musulmano nella Moschea Blu, l’aveva visitata, soffermandosi a lungo in atto di profonda ammirazione. Ma oggi tutto è cambiato. Erdogan, il nuovo sultano turco, ha voluto così. Il grande sogno di un tempio sacro per tutti, aperto a tutti, credenti di ogni fede e non credenti, è finito, e forse per sempre. Santa Sofia è di nuovo una moschea. Uno spazio riservato a pochi. E così l’umanità è sconfitta. E il fanatismo identitario di una malintesa religione islamica può celebrare il suo trionfo.

Perché dico “malintesa”? Perché il nucleo vivo e originario dell’autentico Islàm non è fatto di chiusura, ma di apertura. L’Islàm del Corano e dei primi secoli, fino allo scontro totale con la Cristianità delle Crociate e della Reconquista iberica, ha saputo dare al mondo esempi fulgidi di una cultura universalista e inclusiva. L’imperatore Akbar, nell’India dei Moghul, aveva ben compreso questo spirito irenistico – quello che nel Corano si focalizza nell’ideale abramico di una fede monoteista pura – e lo aveva tradotto nel tentativo grandioso di dar vita a una nuova religione universale. I mistici musulmani, come Rumi, o Kabir, o al-Hallag, avevano scritto odi sublimi dedicate proprio alla luce spirituale di quella Sapienza divina (Sofia in greco, Hikma in arabo) che non divide gli uomini, ma li unisce nel nome di un unico Amore per il Creatore di cui tutti siamo figli, e che tutti ci fa fratelli (continua a leggere l’articolo qui)

 

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