Speranza (tacita) e resilienza. Di Roberta Guccinelli

giovedì, 21 Gennaio, 2021
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A titolo di augurio a tutti noi, volentieri riprendiamo questo articolo di R. Guccinelli  uscito sul Numero Speciale dei “Quaderni della Ginestra”, Topografia della Speranza.Volti, Corpi ed Emozioni ai Tempi del COVID-19, a cura di Francesca Brencio, Valeria Bizzari, Ferruccio Andolfi.

 

La vita – è il solo modo
Per coprirsi di foglie,
prendere fiato sulla sabbia,
sollevarsi sulle ali […]
(Wisława Szymborska, Un appunto)

 

I. Variabilità e complessità della speranza

Ci abbandona o ci sostiene, la speranza, ci sorride o muore, è fragile o delusa, oppure resiste alla delusione.
Ci solleva sulle sue ali.
Che cosa sia questo fenomeno, così mutevole a prima vista ma decisivo per l’essere umano, di per sé
vulnerabile, è una questione ancora aperta. Noi assumeremo, immaginando il percorso a ostacoli che la
speranza deve compiere nel dilagare della pandemia da COVID-19, quando l’imperativo è quello del
distanziamento fisico e della responsabilità per sé e per gli altri, che essa sia primariamente un “senso
vitale” (Lebensgefühl): una funzione affettiva (Gefühlsfunktion) vitale, come suggerisce in maniera concisa Scheler (2013, 655), dotato di intenzionalità e appartenente, nella struttura globale dell’esistenza umana, alla sfera della proprio-corporeità. Grazie alla sua collocazione strategica nell’omonimo strato della vita emotiva, nel suo corretto funzionamento, quale indice assiologico di processi organici dannosi o vantaggiosi, per la propria e l’altrui vita, essa è in grado di smascherare come illusioni1 le presunte
speranze, di  godere di buona salute e di poter soddisfare ogni capriccio, del popolo dei negazionisti del
coronavirus. Di quanti ritengono, cioè, che il virus non esista, che non esistano ostacoli capaci di opporsi
ai loro desideri – e non osano forse confessare a se stessi che, in molti casi, sono l’immagine più eloquente della décadance, del loro declino vitale. Una delle tesi di questo lavoro, che sosterremo ricorrendo alla strumentazione fenomenologica, è che solo una speranza “razionale” o “buona”2, non dunque irrazionale o ingannevole, può incrementare assieme ad altre possibili fonti di nutrimento per la nostra vita ed esistenza, il nostro eventuale processo di “resilienza”, di “trasformazione”, in qualche misura, “del nostro destino” (carattere, malattie, contesti sociali ecc.). Soprattutto in tempi difficili, quando siamo messi a dura prova sia sul piano psico-fisico sia su quello personale (ansia, depressione, disperazione).

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