Caro Habermas, non si può incoraggiare il silenzio

sabato, 23 Dicembre, 2023
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In Italia si percepisce l’ostilità impotente dei più alla punizione collettiva in corso a Gaza, e all’ormai conclamato (New York Times) genocidio che ne sta seguendo: e tuttavia  nei media prevale il silenzio, al punto che il J’Accuse di Francesca Albanese e Christian Elia (Fuori Scena, RCS 2023) si vende bene nonostante sia anciora privo di recensioni o di presentazioni nei canali televisivi nazionali. Ma  in Germania, a causa di una delle forme più perniciose di particolarismo morale – l'”eccezionalismo” tedesco, ossia la proibizione di critica nei confronti di Israele a prescindere dalle sue azioni, il silenzio sembra prevalere anche nella società civile. Riprendiamo qui l’eloquente lettera aperta a Jürgen Habermas uscita sul Manifesto del 23 dicembre 2023.

Asef Bayat, studioso iraniano-americano del Medio Oriente contemporaneo, di movimenti sociali e
rivoluzioni, è attualmente professore di sociologia e studi sul Medio Oriente presso l’Università
dell’Illinois Urbana-Champaign. Noto soprattutto per il suo concetto di “post-islamismo” sviluppato in un saggio del 1996 intitolato «L’avvento della società post-islamica». 

Caro professor Habermas,
Forse non si ricorderà di me, ci incontrammo in Egitto nel marzo del 1998. Lei venne alla
American University del Cairo in qualità di illustre visiting professor per confrontarsi con la
facoltà, con gli studenti e con il pubblico. Erano tutti entusiasti di ascoltarla.
Le sue idee sulla sfera pubblica, sul dialogo razionale e sulla vita democratica erano una
boccata d’aria fresca in un periodo in cui islamisti e autocrati in Medio Oriente soffocavano
la libertà di espressione con il pretesto di “proteggere l’Islam”. Ricordo una piacevole
conversazione avuta con lei a cena a casa di un collega sull’Iran e sulla politica della
religione. Io cercai di comunicarle la comparsa di una società “post-islamista” in Iran, che in
seguito sembra lei abbia sperimentato nel suo viaggio a Teheran nel 2002, prima di parlare
di una società “post-secolare” in Europa. Noi al Cairo vedevamo nei suoi concetti
fondamentali un grande potenziale per promuovere una sfera pubblica transnazionale e dei
dialoghi transculturali. E abbiamo fatto tesoro del nocciolo della sua filosofia comunicativa
su come il consenso-verità possa essere raggiunto attraverso il libero dibattito.
OGGI, CIRCA 25 ANNI DOPO, a Berlino, ho letto con inquietudine e preoccupazione la
dichiarazione «Principi di solidarietà» che ha scritto insieme ad alcuni colleghi sulla guerra
di Gaza. Lo spirito di questa dichiarazione sostanzialmente ammonisce coloro che in
Germania denunciano, attraverso dichiarazioni o proteste, l’implacabile bombardamento
israeliano su Gaza in risposta all’orrendo attacco di Hamas del 7 ottobre. Il testo implica che
queste critiche a Israele sono intollerabili, perché il sostegno allo stato di Israele è una
parte fondamentale della cultura politica tedesca, “per la quale la vita ebraica e il diritto a
esistere di Israele sono elementi centrali degni di una protezione speciale”. Il principio della
“protezione speciale” è radicato nell’eccezionale storia della Germania, nei «crimini di
massa dell’epoca nazista».
È ammirevole che lei e la classe politico-intellettuale del suo paese siate irremovibili nel
sostenere la memoria di quell’orrore storico così che orrori simili non
possano più colpire gli ebrei (e presumo, e spero, altri popoli). Continua a leggere scaricando qui il pdf

 

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