Sul canto del grillo. Analisi del libro-intervista Fo-Casaleggio-Grillo sul Movimento 5 Stelle e i suoi scopi

giovedì, 4 Aprile, 2013
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Alcune brevi annotazioni su libro-intervista Fo-Casaleggio-Grillo Il Grillo canta sempre al tramonto, dialogo sull´Italia e il Movimento 5 Stelle, Chiarelettere, Milano 2013

0. Ammetto che non avrei letto con attenzione questo libro se il Movimento 5 Stelle (anzi, il “MoVimento”) non avesse riportato un successo elettorale strepitoso, al di là delle attese dei suoi due iniziatori (come risulta da alcuni punti del libro stesso). Il libro è il resoconto di una o più conversazioni tra i tre amici, con Dario Fo nel ruolo di intervistatore e partecipante, svoltesi presumibilmente alla fine del 2012. Il libro verte più sulle idee sull´Italia e il mondo di Grillo e Casaleggio che sul MoVimento, anche se naturalmente vi sono molti cenni ai principi, alla natura, e alla breve storia di esso.

1. La natura è ben colta da Grillo in una breve osservazione che si può citare per intero (p.190):

Noi abbiamo due facce: una è costituita da un´organizzazione manageriale, di strategia e di comunicazione, l´altra è quello che sono io, la strada, la piazza, la gente.

Noi conosciamo, per i brevissimi spezzoni che ce ne danno le televisioni, l´istrionismo di Grillo, la sua capacità di suscitare passioni elementari: risentimenti, indignazione, desideri di riparazioni, sogni di rivincite, e la sua bravura nell´irrisione: il mondo della politica è profondamente indegno prima ancora che truffaldino. Grillo è all´estremo opposto della corrività a volte allusiva, a volte sfacciata di Berlusconi. Fa leva sul senso di giustizia dei suoi ascoltatori. Senso elementare e viscerale quanto si vuole, ma di giustizia. Meno noto è il primo versante del Movimento, l´organizzazione e il ruolo che in essa svolge la rete.

2. La rete non è solo il mezzo comunicativo adottato dal Movimento nella sua vita associativa (vedi ad esempio le ”parlamentarie”) e nei suoi rapporti con la società, ma anche il loro modello del mondo (come è fatto essenzialmente il mondo sociale e persino biologico) e la loro utopia (come il mondo dovrebbe e potrebbe essere, se dei gruppi di profittatori biechi e totalmente parassitari, forse assecondati dall´inerzia e l´ignoranza dei più, non glielo impedissero).

3. Le loro primarie, dette “parlamentarie”, sono un esempio di applicazione creativa della rete alla politica (pp. 28-9).

Abbiamo fatto votare le persone che al 30 Settembre 2012 risultavano iscritte al MoVimento e che hanno mandato i loro documenti digitalizzati. Dovevamo avere la certezza dell´identità del votante. Potevano candidarsi solo coloro che si erano candidati con il M5S a precedenti elezioni comunali e regionali… solo 40.000 su 250.000 hanno inviato i documenti digitalizzati.

Si sono candidate 1400 persone. L`elezione era su base circoscrizionale (p.27).

I requisti per i candidati?

Ogni candidato aveva un profilo su Facebook, su Twitter, un filmato su YouTube con la propria dichiarazione d´intenti e tutto quello che gli poteva servire per farsi conoscere (p. 30).

L’esame della documentazione presentata in queste forme dai candidati distribuiti secondo le loro circoscrizioni naturali richiederebbe da parte dei votanti circa mezz´ora (p. 29). Grillo stesso racconta che in mezz´ora ha valutato, in base ai curricula prodotti e ai video realizzati, 24 candidati (p. 32), tra i quali ne andavano scelti 3. Parrebbe più un compito da un´ora-un´ora e mezzo che da mezz’ora. È evidente il salto di qualità informativo che si realizza con questa procedura. Gli elettori possono sapere molte più cose su ciascun candidato, e devono impegnare molta più attenzione e forse anche tempo nella scelta. Il cittadino diventa membro di una immateriale commissione di esami, il corpo elettorale.

4. La partecipazione al Parlamento dei rappresentanti del MoVimento e’ vista in parte come prosecuzione del lavoro di contro-informazione e monitoraggio tipico dell´attività precedentemente svolta dal MoVimento nelle assemblee elettive degli enti locali (p. 86),

I nostri rappresentanti saranno le sentinelle del parlamento, il punto di riferimento dell´opinione pubblica senza scendere a compromessi, in parte come stimolo al miglioramento della politica (p.87):

Quando un´idea funziona tutti sono nella condizione di appoggiarla, anche esponenti di altri partiti. Alla fine migliora la politica. Ma questo senza formare alcuna alleanza (p. 88, p. 196): saranno gli altri a seguire il nostro programma.

5. L´alterità ai partiti politici è più data per scontata che spiegata. In linea generale, i partiti sono organismi della democrazia rappresentativa, sono il veicolo fondamentale della rappresentanza politica, che il MoVimento avversa. La società produce dei movimenti, portatori di istanze specifiche, la cui dinamica influenza i partiti (pp. 88-9). In prospettiva, il Parlamento diventerà un´assemblea di movimenti. Se però i partiti italiani abbiano subito una degenerazione specifica, viene forse suggerito, mai messo a fuoco nella conversazione. Più in generale, la rappresentanza ha in sé un contenuto fiduciario. Si può sostenere che questa missione è stata tradita in alcuni casi. Ma si può anche sostenere che la rappresentanza è in sé sbagliata, anche se molte delle nostre istituzioni politiche ed economiche si reggono su di essa. Il duo Grillo-Casaleggio non affronta direttamente il problema. Essi sembrano piuttosto pensare che non sia più necessaria, date le risorse informative, comunicative, associative che i cittadini possono attingere dalla rete (pp. 190-1).

6. Teoria e pratica della democrazia diretta. Il MoVimento realizza al suo interno alcuni principi di democrazia diretta (36-7):

In una comunità non puoi andare contro le regole, altrimenti non esiste la comunità. La regola in questo caso è che i rappresentanti del MoVimento sono portavoce della comunità che li ha eletti e possono parlare per ciò che la comunità li ha incaricati. Non puoi andare in televisione a parlare dell´Imu a nome del MoVimento oppure dei finanziamenti regionali senza l´assenso della base… Se sei eletto consigliere comunale e vuoi parlare dei problem di Bologna in tv lo puoi fare, ma dal momento che tu esprimi un parere di politica e nazionale internazionale, non lo puoi fare a nome del MoVimento. Come consigliere tu non hai questa facoltà.

Ma l´Imu incide sui bilanci comunali, è una politica nazionale e attraverso il patto di stabilità su quella europea. Uno che non si rende conto di questi nessi non è un buon consigliere comunale. In questi termini, la prescrizione di Grillo e Casaleggio sembrerebbe mirare a mantenere i grillini in uno stato di minorità mentale e eteronomia permanente, il contrario dello stato di appartenenza ad un gruppo senza leader che loro stessi desiderano (pp. 10-11).

Vediamo come viene enunciato l´ideale della democrazia diretta (p. 191):

Noi vogliamo cambiare il Sistema, non fare un nuovo partito. Se introduciamo la democrazia diretta non abbiamo più bisogno dei partiti: su base egualitaria decidi qualunque cosa, sia livello locale sia a livello nazionale. Questo come tendenza.

Ecco che cos´è intrinsecamente la politica per il nostro duo: una serie di decisioni che riguardano la collettività, che sono realizzate dai membri della collettività ciascuno davanti al suo computer, con dei clic. Come siano però strutturate e identificate le alternative disponibili, chi ne determini la successione temporale, non si sa.

E nell´immediato (p. 191)?

Il nostro obiettivo… è di introdurre strumenti di democrazia diretta all´interno dell´istituzione, il che vuol dire … referendum propositivi senza il quorum, l´obbligatorietà della discussione delle leggi di iniziativa popolare depositate in parlamento: se non vengono discusse, automaticamente scatta il referendum e, contestualmene, l´associazione tra elettori ed eletto, in modo assolutamente trasparente e continuo, attraverso la rete.

Molta gente (e io per primo) è d´accordo sull´opportunità e l´urgenza di queste proposte, visto il totale disprezzo con cui il Parlamento ha trattato le leggi di iniziativa popolare. L´ “associazione tra elettori ed eletto” è uno strumento di controllo più dubbio. A meno che gli elettori non siano già stati uniformati nelle loro opinioni e richieste, difficilmente produrrà un risultato che non richieda per la sua interpretazione un autonomo giudizio dell´eletto. Inoltre, il deputato può ritenere che l´orientamento suggeritogli dalla base, anche se univoco, sia sbagliato, o inopportuno, e non accoglierlo. Nel mio concetto di democrazia questo deve rimanere (no al vincolo di mandato).

7. Critica della banca. La banca come istituzione viene indicata come un esempio di intermediazione puramente, intrinsecamente parassitaria (pp. 152-3). Penso che qui i due (o tre se come sembra anche Dario Fo concorre) sbaglino di grosso, ma un´analisi dettagliata delle loro credenze incredibilmente primitive e incoerenti sull´argomento richiederebbe troppo tempo. Preferisco affrontare il tema partendo da un altro punto della conversazione, in cui si discute molto più sensatamene di come la rete consenta di strutturare un mercato del credito (pp. 129-130):

Prendiamo, ad esempio, le banche, che sono essenzialmente degli intermediari di denaro di terzi. La banca prende i tuoi soldi e li presta o li investe. La rete ti consente di eliminare molte attività bancarie e di rivolgerti diettamene alla comunità … La comunità è formata di chiunque voglia richiedere o concedere un prestito, come avviene su Zopa.com, una societa’ che permette prestiti tra privati online. L´interesse lo decide chi presta i soldi, e chi li richiede può scegliere tra diverse offerte … ci sono centinaia di migliaia di persone che lo fanno in Inghilterra e funziona. Tutte le fasi intermedie tra me e il servizio cadranno.

Però immediatamento dopo viene la qualificazione importantissima:

Qualunque intermediazione cadrà, a meno che non abbia un valore aggiunto.

“A meno che!” Nel caso specifico, bisogna vedere che cosa fa la Zopa.com. Se accerta non solo l´identità dei contraenti e il loro status legale, ma il loro grado di solvibilità, se ispeziona e certifica le garanzie che possono offrire, se assume informazioni sui progetti da finanziare, se li classifica per tipo e grado di rischio, allora da un lato, crea valore aggiunto; dall´altro, fa il lavoro di una banca. Se non fa queste cose, il mercato del credito da lei posto in essere di dissolvera´ come la neve al sole…

8. Il programa economico immediato. Nonostante le molte dichiarazioni di insofferenza nei confronti del governo Monti, l´abbozzo di programma economico di Grillo non sembra discostarsene molto. “Quando si è insediato ha affermato che il nostro problema è l´enorme debito pubblico,” ricorda Grillo (p. 157), ed è una diagnosi che condivide pienamente: “Non abbiamo speranza se non riduciamo il debito e congeliamo gli interessi. “ (Vedi anche p. 83). E se non invertiamo la direzione di caduta del Pil, aggiungerei. Ma questo Grillo lo sa benissimo, come si evince dal suo programma (p. 82):

Nell´immediato quello che vogliamo fare è dare la possibiltà alle piccole e medie imprese di svilupparsi, diminuire l´inefficienza dello Stato, ridurre gradulmente il peso fiscale attraverso il taglio delle spese inutili per le quali c´é solo l’imbarazzo della scelta, dalle Province alle super-pensioni, ai contribuiti ai giornali, ai rimborsi elettorali, al contenimento delle spese per la Difesa, alle missioni militari all´estero, alla Tav, al numero dei parlamentari, alla legge anti-corruzione.

La spending review di Monti con un po´ più di mordente, dunque. Una proposta specifica che mi lascia perplesso è la creazione di una banca statale, con a capo il Presidente della Repubblica, per il finanziamento delle piccole e medie imprese (p. 83).

Strano come Grillo passi dalla sfiducia più totale ad una viva speranza sulla possibile funzionalità di una banca. È strano e paradossale che in un paese di piccole e medie imprese, le banche non siano attrezzate per concedere il credito alle piccole e medie imprese. Bisognerebbe chiedersi perché le banche sono riluttanti a farlo in questo momento. Forse il rischio percepito è troppo alto, e si ridurrebbe se vi fosse per altre strade un´espansione dell`economia. Bisognerebbe chiedersi quali caratteristiche organizzative conferirebbero alla nuova banca la capacità di fare affari redditizi dai quali le altre banche siano invece escluse. Inoltre, bisognerebbe chiedersi se, una volta trovato il modello vincente di banca, sia davvero necessario ricorrere al bilancio pubblico per finanziarla. L´esempio francese citato da Grillo (p. 83) andrebbe considerate in questa prospettiva.

9. Grillo costituisce per alcuni uno spauracchio perché vorrebbe portare l´Italia fuori dall´euro.

Non è proprio così:

Io ho solo detto: vogliamo essere informati su un piano B di uscita dall´euro, cosa succede se rimaniamo se usciamo? L´informazione ci è dovuta, poi se uscire o no lo deciderà il popolo italiano con un referendum… garantendo un´informazione adeguata e libera. Vogliamo essere trattati come un popolo adulto e non come bambini cui si nasconde la realta’. Altrimenti cos´è la democrazia?

10. ll libro è il resoconto di alcune conversazioni tra amici. È anche, in filigrana, il resoconto del sorgere di un´amicizia, quella tra Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. I due, cosi’ dissimili, hanno elaborato una loro singolare visione del mondo mentre costituivano il loro movimento. Mi viene in mente la canzone di Gino Paoli, concittadino di Grillo, “Erano 4 amici al bar”. Nella canzone ahimè la forza della realtà quotidiana deprime gradualmene l’idealismo dei quattro e li decima. Qui invece gli amici al bar sono diventati almeno 250.000. Devono ora decide se voler cambiare il mondo nel modo graduale e tutto sommato cauto che avevano progettato, o rischiare di più. Chiunque abbia letto questo libro comprende, però, che la sede di una cooperazione con i partiti del centro-sinistra puo’ essere il Parlamento, non il governo.

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4 commenti a Sul canto del grillo. Analisi del libro-intervista Fo-Casaleggio-Grillo sul Movimento 5 Stelle e i suoi scopi

  1. Mauro Sylos Labini
    giovedì, 4 Aprile, 2013 at 13:11

    Grazie mille Giacomo per aver condiviso le tue riflessioni sul Movimento 5 Stelle (M5S). Ho provato a sfogliare il libro ma l’ho subito abbandonato, avendo trovato il suo stile difficile per chi come me non sapeva molto e voleva andare subito al sodo.

    Credo che la sfida più difficile del M5S sia quella di implementare forme di democrazia diretta all’interno delle istituzioni della democrazia rappresentativa. Nonostante i miglioramenti della tecnologia, credo che le soluzioni trovate finora (come le parlamentarie o le consultazioni on-line) siano imperfette e criticabili.

    Primo, è assolutamente desiderabile che alcune scelte politiche, per la loro complessità o i trade-off fra effetti immediati e futuri, non debbano essere prese da tutti i cittadini in una sorta di referendum propositivo permanente, ma dai loro rappresentanti. Continuo ad esserne convinto nonostante le dichiarazioni dei politici italiani provino a convincermi ogni giorno del contrario.

    Secondo, nella pratica ci sono difficoltà oggettive nell’implementazione della democrazia diretta: chi decide quando, come e su quali temi sentire la base? La base resterà per sempre quella degli iscritti di settembre 2012? Come farà il movimento a non dividersi nel momento delle scelte importanti? Finora mi sembra ci sia riuscito condannandosi all’irrilevanza.

  2. Stefano Cardini
    giovedì, 4 Aprile, 2013 at 23:20

    Anche io ho letto il libro di Fo-Casaleggio-Grillo. Si tratta di un libro molto scadente e deludente, al quale avrei dedicato parole più sarcastiche di quelle di Giacomo Costa. Ma non ritornerò sopra i punti di evidente e non di rado clamorosa contraddittorietà e debolezza dell’utopia eco-tecnologica e democratico-partecipativa probabilmente uscita dalla mente di Casaleggio. Non credo sia lì la ragione del successo elettorale del M5S. E sono certo che solo una minoranza di chi l’ha votato la conosca o l’approverebbe se la conoscesse. Sulla questione dell’Euro, però, a me appare chiaro che Grillo tutte le volte sia elusivo e semplicemente non dica quello che pensa in modo esplicito, ovvero, che dovremmo abbandonare la moneta unica. In questo modo evita di doversi impegnare su un terreno molto delicato di cui né lui né il suo sodale ha alcun controllo teorico. Come sempre, l’Euro non che è uno dei suoi capri espiatori simbolici, il più catalizzatore di tutti, di cui va alla ricerca, o per ignoranza o per disonestà intellettuale, facendo un gran minestrone tra crisi economica globale, problema del debito, patto di stabilità, trattato di Schengen, ruolo della Banca Centrale Europea, ruolo delle banche nell’economia ecc. e rendendo praticamente impossibile qualunque discorso sensato sui limiti delle politiche economiche fin qui adottate. Si veda questo suo schiumante comizio a Trento: http://www.youtube.com/watch?v=C-Dcu33UPzQ

    P.S. È esilarante nel volume, però, e dunque vale la pena ricordarlo, il tentativo di Casaleggio di accreditare presso il povero Dario Fo – preso letteralmente in mezzo tra il Grillo e la Volpe – la sua modestissima e antiquata concezione della Rete come intelligenza collettiva, un pastone dei più triviali luoghi comuni da tecnoentusiasti della prima ora che fa ridere chiunque se ne intenda anche solo un po’ (basti pensare che cita Second Life, piattaforma social morta da anni, o la vecchia disfida tra Wikipedia e la Britannica, totalmente priva di consistenza, come chiunque usi l’una e l’altra sa perfettamente). Fo, nonostante un editing certo generoso con il Grillo e la Volpe, non riesce proprio a seguire i ragionamentini da automa meccanico del noiosissimo Casaleggio… e dopo aver riconosciuto l’importanza della Rete, le opportunità della Rete e bla bla, dopo un po’ si stufa sempre e gli ribadisce che comunque l’individuo, la persona, la sua ricchezza, la sua creatività, la sua differenza, il suo genio, sono un’altra cosa, sono anzi la sola cosa importante, imprescindibile, centrale… per poi sbottare che, insomma, Internet è spesso un gran crogiuolo di banalità, balle, ostiate, manipolazioni… tessendo l’elogio della ricerca certosina negli archivi dimenticati, da dove nascono le storie più vere, autentiche e rivoluzionarie…

    Bye bye Casaleggio.

  3. giovedì, 4 Aprile, 2013 at 23:49

    Questa sera non sono in grado di ragionare con voi. Posto una lettera aperta a lei, la cittadina-deputata che sta provando a dire che due più due fa quattro, anche moralmente.

    Onorevole Mucci, o se preferisce, Cittadina Mara Mucci,

    da giorni mi chiedo che cosa i parlamentari del M5S stiano aspettando, precisamente, a mettere in atto il loro sacrosanto diritto di iniziativa legislativa. Da giorni mi chiedo se uno, almeno, o una, avrà la tranquilla fedeltà alla nostra Costituzione che serve a farlo, insieme al senso dell’insostituibilità della propria coscienza e alla sua impenetrabilità ai diktat di qualunque uomo e di qualunque iddio.
    Mi fa piacere che abbia messo in vista nel suo sito queste semplici regole, che consentono a ciascun parlamentare di presentare un’iniziativa legislativa in modo che le Commissioni parlamentari possano cominciare a funzionare per la fase dell’istruttoria, in cui si acquisiscono le informazioni utili per la decisione.
    E dunque? La ringrazio di ricordarle ai suoi colleghi. Che cosa aspettate, ancora?
    Ricordi che nulla è più atrocemente contrario a quella “Cittadinanza” che pure Grillo mi pareva preconizzare e promuovere, che l’impersonalità, l’anonimato, in definitiva quello sparire dei volti nella massa del collettivo, quel tacersi delle voci nell’urlo di uno solo, che oggi il capo del vostro Movimento sembra non tanto chiedervi, e neppure esigere, quanto dare per scontata, per ovvia, per indiscutibile: e chi non la pensa così ha sbagliato a votare M5S. Dunque evidentemente ritiene che una discrepanza di opinione con se stesso equivalga a una contrarietà al M5S. Dunque – per proprietà transitiva – ritiene il M5S identico a se stesso.
    Questo è il contrario di quanto ha sostenuto durante tutto il periodo precedente al vostro sbarco in Parlamento: e mi chiedo chi avrebbe potuto seguire quel movimento – se non forse alcuni animali gregari – se tale fosse veramente stata la regola.
    La nostra Costituzione, Lei lo sa bene, non prevede affatto vincolo di mandato per il Parlamentare, che rappresenta la Nazione. Estendere al Parlamento quello un vincolo che può al massimo, se uno lo accetta, valere per un uomo di partito, e per di più farlo proclamando di non appartenere a un partito, è semplicemente incomprensibile al cittadino non deputato. Che è cittadino come lei, e non farebbe il suo dovere se non chiedesse ai suoi rappresentanti in parlamento di rendere pubblica ragione delle loro scelte e decisioni. Che cosa significa un Parlamento di muti? Niente altro che la tremenda degenerazione partitocratica prima, banditesca, collusa e corrotta dopo, del sistema parlamentare: quella degenerazione che voi volevate correggere.
    Almeno quando un duce tacita un’assemblea legislativa, chi vi si sottomette ha subito, e infine accettato, una violenza: non ha egli stesso volontariamente destituito se stesso, la sua libertà, la sua responsabilità, la responsabilità della sua coscienza. Non sì è da solo tagliato la testa per porgerla su un piatto d’argento a un capo. Non ha chinato il suo proprio capo senza neppure chiedersi perché lo fa. Questa si chiama libido serviendi. Non c’è servitù se non volontaria.
    Non siete i soli, se chinate il capo. Grandi e anziani, antichi cittadini, grandi costituzionalisti perfino, hanno in questi giorni chinato il capo: e, quello che è ancora più incomprensibile, non a un uomo l’hanno chinato, ma all’insieme di infondate e viziose consuetudini che hanno ridotto il Parlamento italiano come è ora, uccidendone l’autonomia sotto lastre di piombo di negoziati, mediazioni, compromessi, accordi. Uno di loro, un “Saggio”, non solo ha accettato di essere cooptato in una compagnia triste di oligarchi potenziali tratti da un cappello costituzionalmente inesistente “per mettere d’accordo”, parole sue, le parti su un programma di minima – ma, vittima di uno scherzo crudele come l’infanzia, ha mostrato al mondo quanto scetticismo possa crescere dentro a un uomo che dichiara inutile ciò che egli stesso accetta di fare. Ma a tale punto lo scetticismo può accecare, che non si riesca più a vedere il cittadino che grida, fuori dal Palazzo: ma PERCHE’ volete “accordarvi”, diavolo e acquasanta? Ma perché dovreste trovare un compromesso fra la parte di uomini che disprezzano a voce alta le leggi e la Magistratura, e la parte di uomini che con enormi dispiego di tempo, di generosità, di passione, abbiamo mandato in Parlamento perché FINISCA, e FINISCA per sempre, l’epoca del disprezzo delle leggi e della magistratura, l’epoca della compravendita dei deputati, delle leggi ad personam, delle leggi non applicate anche quando ci sono? Ma non li ho io cittadina mandato in Parlamento, quegli uomini e donne, proprio perché non si facessero più simili accordi sciagurati? E a quale cielo dovrò appellarmi se anche voi, uomini saggi e dotti, cooperate a tacitare e infine uccidere il Parlamento?
    Questo diremo agli uomini saggi e antichi. Ma a voi cosa diremo, Cittadini? A voi che avevamo mandato in Parlamento perché esprimeste le vostre voci, e che tacete, e tacendo date agli oligarchi ragione, perché bisogna pure che qualcuno prenda l’iniziativa? Gli oligarchi – è ancora un nome troppo nobile per il disegno di sempre. Perché parlare, perché discutere, perché chiedere ragione di questa particolare infamia, di quella particolare ingiustizia? Mettiamoci prima d’accordo, e poi vedremo. Un piccolo scambio utile, un piccolo compromesso, si trova sempre. E noi questo chiamiamo “responsabilità”. Lo strisciante accettare da parte di ognuno di rinunciare alla propria responsabilità, e alla propria faccia. E’ questa, la nostra neolingua.
    Ma questa forma di coscienza consortile fuori dal parlamento prende il nome di omertà. Il vostro silenzio la giustifica e la perpetua.
    Svegliatevi, Cittadini parlamentari. Vi abbiamo affidato la nostra voce – non zittitela, anche voi. Se non ora, quando?

    Roberta De Monticelli

  4. Luca Fabrizio
    sabato, 6 Aprile, 2013 at 13:46

    Ancora una volta torno a ragionare su alcune questioni attuali, spinto dai continui ”rimproveri” di Grillo a coloro che, adempiendo al loro dovere di cittadini, hanno voluto percorrere la via di Socrate, ovvero hanno ascoltato, coraggiosamente, la loro coscienza unica, fallibile e inviolabile.
    Provo un senso di asfissia e di repulsione al pensiero della vecchia politica ingorda, avida e becera che ci domina e che guida ancora il nostro paese, pur conservando ancora un’alta opinione della politica in sé. No, il messaggio che voleva far passare Grillo al popolo, io non l’ho digerito; il ”mandiamoli tutti a casa” o ”sono tutti corrotti” non mi ha né affascinato né, dunque, persuaso. Provo però sempre una medesima sensazione di asfissia quando sento un solo uomo tuonare contro i pochi, responsabili di non aver rispettato ”gli accordi presi”; una misteriosa (mistica direi) legge superiore, pende come una spada di Damocle contro chi si sporge dal selciato prestabilito, e guai a chi sgarra. Penso che l’implacabilità non sia propria della Legge intesa in senso autentico ma solo del Grande Fratello di Orwell. Appunto, questa trasparenza, così necessaria e giustamente richiesta a gran voce, si sta trasformando lentamente nel suo opposto, in una cappa di piombo che però, toglie il respiro a lungo andare. Se in democrazia non ci fosse da considerare che il due più due quattro, ovvero il puro e freddo meccanicismo comportamentale come riflesso del rapporto di fiducia con gli elettori allora tanto varrebbe andare avanti nello stesso modo con cui si procede nel campo specificatamente professionale: con gli esami. Come i medici apprendisti sono a un certo punto autorizzati ad esercitare dai più anziani e autorevoli medici già in funzione, così gli uomini politici giovani dovrebbero prima non farsi bocciare agli esami dai più saggi e autorevoli per poi, una vota superato il test, insediarsi. Insomma si tratterebbe di dare diplomi di abilitazione e di nominare e promuovere, ma così, il più delle volte, i più autorevoli non approverebbero se non i giovani che la pensano come loro (e non è forse questo il modus operandi di Grillo?) e questi ultimi, nel migliore dei casi, sarebbero costretti a mentire per metà del mandato e a far di testa loro nella seconda metà (ma non sta già succedendo all’interno del Movimento stesso?). L’effetto sarebbe come minimo l’immobilità o la semi-immobilità politica (e non ci troviamo ora in questa situazione?). Una democrazia impone si il rispetto di una regola comune da parte dei conviventi, ma anche una libera assunzione d’impegno a rispettare una norma o un’autorità, basata su di un libero convincimento, cioè possibilità di azione spontanea e giustificata al banco della ragione. Nessuno può essere legato a tal punto al mandato ricevuto dai suoi elettori, da potersi considerare come una sorta di meccanico esecutore dei loro ordini, ad ogni nuova situazione si dovrebbe chiedere il parere di coloro dai quali sono stati eletti, parere sempre meno acquisibile data la sempre maggiore complessità dei problemi da affrontare. Un certo grado di fiducia dell’elettore nei confronti dell’eletto è sempre necessario, libero spazio di manovra di cui parlavo sopra, per tutti quei compiti che non si possono precisamente prevedere e programmare e per la quale ci si rimette alla sua capacità e lealtà (dell’eletto).
    ”La diffidenza dal basso”, scriveva Guido Calogero (a cui devo lo spunto per queste riflessioni), ”crea le autorità deboli e discontinue, e queste screditano la democrazia e ne preparano la rovina. Le gente meno esperta comincia a sognare il dittatore, che abbia la possibilità di agire senza essere criticato e fermato ad ogni istante”. Meglio affrontare cento incubi e capirne le ragioni allora.

    Luca Fabrizio

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