Lebenswelt, soggettività e trascendenza. La fenomenologia in Husserl, Heidegger e Paci

mercoledì, 14 Dicembre, 2011
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Lebenswelt, soggettività e trascendenza. La fenomenologia in Husserl, Heidegger e Paci

di Franco Toscani

Contegno filosofico critico e  stile fenomenologico

Nella conferenza di Vienna del 1935, Husserl parla di una Haltung, di un peculiare contegno critico proprio dell’uomo filosofico, “ben deciso a non assumere nessuna opinione già data, nessuna tradizione, senza indagarle, e insieme a interrogare, di fronte all’universo tradizionalmente dato, l’universo vero in sé, nella sua idealità”.

Anche noi, oggi, nel nostro tempo così inquieto e agitato, pieno di grandi conquiste e possibilità come di grandi pericoli e interrogativi, abbiamo bisogno più che mai di recuperare e di valorizzare questo contegno critico e, con esso, la capacità di uno sguardo insieme razionale e affettivo, pietoso e responsabile sul mondo che ci circonda e in cui viviamo.

Nell’estate 1935, in quella che fu successivamente pubblicata come l’ “Appendice XXVIII” alla Krisis, scriveva Husserl, ammettendo le personali difficoltà, il profondo e lacerante travaglio, i dubbi e  le perplessità del proprio lavoro filosofico: “Io so naturalmente ciò che perseguo sotto il titolo filosofia, so qual è lo scopo e il campo del mio lavoro. E tuttavia, insieme, non lo so. A quale autonomo pensatore è mai bastato questo ‘sapere’, per quale pensatore, nella sua vita filosofica, la ‘filosofia’ ha mai cessato di essere un enigma? Ciascuno ha naturalmente il senso finale filosofia, alla cui realizzazione egli dedica la vita, ciascuno ha certe formule che si esprimono in definizioni, ma soltanto i pensatori secondari, quelli che non possono essere chiamati veramente filosofi, si accontentano delle loro definizioni e uccidono con concetti verbali il telos proprio del filosofare”  .

Nell’oscuro “sapere” qui evocato si cela sia l’elemento storico dell’eredità spirituale della filosofia – ossia la connessione coi filosofi e con le filosofie del passato, con cui ogni pensatore è chiamato ed è impegnato a fare in qualche modo i conti – sia la connessione complessa e problematica del singolo pensatore con il proprio stesso percorso filosofico individuale.

Questa inquietudine propria del lavoro filosofico, questo fondamentale antidogmatismo proprio dello stile di pensiero fenomenologico  , ci impedisce di appagarci dei risultati già raggiunti e ci spinge a tentare nuovi cammini, a ricercare ancora, a tener vivo il telos proprio del filosofare.

In una pagina della Krisis Husserl rileva che l’atteggiamento dell’epoché fenomenologica “crea una singolare solitudine filosofica, che è l’esigenza metodica fondamentale di una filosofia  realmente radicale” .

Si tratta qui di una singolare solitudine filosofica che non comporta in nessun modo sdegnosità, supponenza, alterigia, capricciosità, ma consente, al contrario, un reale avvicinamento all’umano, prepara il terreno per essere effettivamente “funzionari dell’umanità”, per essere veramente uomini, per contribuire a rifondare il mondo-della-vita (Lebenswelt ) e l’intersoggettività  (Intersubjektivität).

In altri termini, si tratta di ripartire sempre da un homme, fait de tous les hommes (“un uomo, fatto di tutti gli uomini”), come scrive con accenti accorati e toccanti, di profonda e umana verità, il Jean-Paul Sartre di Les mots (Le parole, 1964): “Ce que j’aime en ma folie, c’est qu’elle m’a protégé, du premier jour, contre les séductions de ‘l’élite’: jamais je ne me suis cru l’heureux propriétaire d’un ‘talent’: ma seule affaire était de me sauver – rien dans les mains, rien dans les poches – par le travail et la foi. Du coup ma pure option ne m’élevait au-dessus de personne: sans équipement, sans outillage je me suis mis tout entier à l’oeuvre pour me sauver tout entier. Si je range l’impossible Salut au magasin des accessoires, que reste-t-il? Tout un homme, fait de tous les hommes et qui les vaut tous et que vaut n’importe qui” (“Ciò che mi piace nella mia follia è che essa mi ha protetto, fin dal primo giorno, contro le seduzioni dell’élite: mai mi son creduto il felice proprietario d’un ‘talento’: il mio unico problema era di salvarmi – a mani vuote e a tasche vuote – per mezzo del lavoro e della fede. Di colpo, la mia pura opzione non mi sollevava sopra a nessuno: senza equipaggiamento, senza attrezzatura, mi son messo tutto per intero all’opera per salvarmi tutto per intero. Se ripongo l’impossibile Salvezza nel ripostiglio degli attrezzi, cosa resta? Tutto un uomo, fatto di tutti gli uomini: li vale tutti, chiunque lo vale”).

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