Sull’idea di rinnovamento. L’ultimo libro di Roberta De Monticelli (Cortina Editore) nelle parole dell’Autrice

domenica, 16 Giugno, 2013
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Premesso che non sono responsabile della fascetta che compare sull’immagine del piccolo libro appena uscito da Cortina Sull’idea di rinnovamento, e nella speranza che la proposta possa essere discussa, magari anche qui, da altri punti di vista che il mio, vorrei spiegare cosa ho provato a fare in questo lavoro. E anzitutto cosa non è. Non è un pamphlet – nonostante proprio questo faccia pensare la fascetta. Vi ho condensato due anni di studio su quello che ho chiamato “l’enigma dell’ontologia sociale”, e molti più anni di esperienza di questo enigma: la scomparsa dei volti, cioè dei soggetti autonomi di cognizione e scelte, nella formazione e distribuzione di quel tipo di consenso (passivo e implicito) su cui si basa il potere di chi lo esercita sopra e mediante un dato collettivo. In questo senso l’enigma dell’ontologia sociale è l’enigma stesso della caverna di Platone, o meglio del destino infausto riservato a chiunque tenti di sostituire i meccanismi opachi dell’appartenenza con la discussione critica e cognitiva, socratica: cioè il faccia a faccia, il modo d’essere insieme delle persone in quanto soggetti morali e razionali. Così lo studio parte dalla versione particolarmente desolante di questa destituzione dei soggetti morali cui assistiamo a tutti i livelli della vita associata italiana, dove questa auto-destituzione assume la caratteristica forma consortile, nel caso limite mafiosa, di cui nei due testi precedenti – La questione morale e La questione civile – avevo cercato di delineare le ragioni teoriche e storiche, abbozzando una sorta di fenomenologia della “banalità del male” specificamente italiana. O meglio, trova questo sfondo desolante come quello che è interpellato dalla prepotente e impotente domanda che da troppi anni sale in noi – in molti di noi – e nelle associazioni e manifestazioni di società civile che le danno espressione: la domanda di rinnovamento. Il libro prova a precisare il senso di questa domanda di rinnovamento morale e civile, e a delinearne le condizioni. Per farlo affronta molte questioni indubbiamente attuali, a partire dall’istanza etica che connota la parte migliore dei movimenti di protesta, alle questioni sulla natura e necessità dei partiti, al ruolo della rete nella potenziale immissione di elementi di democrazia diretta in una democrazia rappresentativa. Esplicitando fin dal primo capitolo i Fondamenti di tutta l’analisi, che sono l’individuazione dell’esperienza di valore come costitutiva della vita personale oltre che come autentica fonte di conoscenza, soggetta quindi a illusione, correzione, scoperta, approfondimento, eccetera: relazione critica all’inesauribile fonte di informazione che la realtà è anche dal punto di vista assiologico.

La domanda di rinnovamento ne risulta essere una domanda di sopravvivenza della nostra stessa humanitas, del senso e valore delle nostre vite, essendo al fondo il doloroso risveglio in noi (soggetto soprattutto al rischio di rimozione, e sostituzione con le scorciatoie emozionali urlanti) di una sensibilità ai fatti di valore e disvalore nel cui esercizio consiste l’essenza della vita personale. E se questo esercizio è reso impossibile nella vita associata, si delinea la condizione della somma ingiustizia, che kantianamente equivale alla perdita di senso e di valore anche della vita individuale (“non vale più la pena di vivere dove la giustizia manca completamente”). Qui il lavoro esplicita le due condizioni alle quali il rinnovamento – che dunque è insieme morale e civile – è possibile: di questo parlano i due capitoli conclusivi: Un’idea di catarsi e Un’idea di radice.

Affido chi frequenta questo Lab il vaglio critico della principale idea proposta: l’esame di quel fondo della domanda di giustizia che è la domanda di verità sui fatti di valore – su chi ha fatto cosa, su chi ciascuno di noi è stato, chi vittima, chi carnefice, chi complice, chi indifferente – senza il cui condiviso riconoscimento ogni “pacificazione” è menzogna e muta violenza. Catarsi è condizione per quella rinnovata fiducia reciproca, senza la quale non può rinnovarsi la radice – profondissima perché socratica, in fondo – della democrazia: il faccia a faccia razionale del confronto, dell’interrogazione, del dar ragioni alle proprie scelte. Catarsi è ciò che la Germania riunificata ha esperito in profondità, e che l’Italia mai, in tutta la sua storia, ha potuto compiere. Catarsi è quel tipo di domanda di verità di cui la rappresentazione ideale del Giudizio (universale) è l’Idea. Senza catarsi non si rifondano le civiltà – e catarsi è il sollievo puramente cognitivo, e non certo riparatore o retributivo, che solo può ripristinare la nostra speranza in un futuro migliore.

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7 commenti a Sull’idea di rinnovamento. L’ultimo libro di Roberta De Monticelli (Cortina Editore) nelle parole dell’Autrice

  1. Alvaro Leoni
    lunedì, 17 Giugno, 2013 at 18:51

    Molto interessato al suo ultimo lavoro; aspetto di avere il testo tra le mani per un commento “ragionato”. Azzardo un anticipo: siamo sicuri che il compito di una società sia quello di far condividere valori e disvalori e non più semplicemente quello di permettere una pacifica convivenza? In una ipotetica società di cani e gattiv(i gatti sono più “razionali”vdei cani a loro volta più “sentimentali” e “affettuosi” dei gatti) un morso al padrone ha un valore moralmente diverso. Cionondimeno, se l’atteggiamento persiste, sarà necessario ricorrere al canile o al gattile per evitare problemi! Con sincero apprezzamento

  2. mercoledì, 19 Giugno, 2013 at 00:06

    Caro Alvaro, grazie del commento – non sono più in grado di chiedere nuove copie alla casa editrice, ma è veramente un prezzo moderato. Ecco, io non credo che userei mai la parola “condividere” riguardo ai valori, un po’ perché semmai sto con orgoglio fra quelli che nella mostruosa neolingua che ci avvolge chiamano “divisivi”, un po’ perché lei ha mai sentito parlare di condividere le verità di fatto? Le verità di fatto si conoscono o non si conoscono, si può giusto condividere l’informazione nel senso blando di dirci reciprocamente dove ne sono le fonti. Ora molte verità di fatto, e praticamente tutte quelle che ci interessa conoscere in quanto siamo cittadini o in quanto siamo soggetti liberi e responsabili (persone)non sono neutre. Ad esempio : durante la sua Presidenza del Consiglio il tale ha usato il suo potere e la sua posizione per perpetrare un’enorme evasione fiscale ai danni dello Stato il cui governo presiedeva, è un fatto non neutro, detto fuori dai denti è un fatto che fa schifo. Oppure: un movimento di opinione che riesce a mandare in Parlamento molti suoi esponenti comincia, per la voce dei suoi rappresentanti, ad accusare di “offesa” e “mancanza di rispetto” verso il leader una che ha semplicemente espresso un’opinione critica (peraltro assai azzeccata); addirittura le si chiede di “chiedere perdono” – questi sono altrettanti fatti non neutri e se posso permettermi ributtanti, disgustosi. Vediamo perché, nei due casi (schifo, disgusto, sdegno sono sentimenti che stanno alla componente valoriale del giudizio come la percezione sta alla componente fattuale: sono i modi con cui esperisco le qualità di fatto o di valore dei relativi stati di cose). Dunque nel primo caso la qualità di (dis)valore che rende il fatto disgustoso è la violazione della legalità da parte di un rappresentante di quel potere istituito e accettato proprio perché sanzioni le infrazioni di legalità e consenta il “governo della legge”, al di sopra degli interessi particolari. E’ una violazione di quali valori? Tutti e tre quelli fondanti la sfera del diritto e dell’etica pubblica: honeste vivere, neminem laesere, suum cuique tribuere. E quali sono i valori violati che rendono disgustoso il secondo fatto? Ma perdiana, sono i valori fondanti la stessa morale: l’intangibile libertà di pensiero, e quindi dissenso, critica e sensata argomentazione dialogica, senza la quale non c’è affatto più coscienza autonoma e dunque soggetto morale, ma orrenda e violenta poltiglia di un “noi” che può divenire forza cieca e bruta, e che già Platone chiamava “il grosso animale”: il “soggetto collettivo”. Un’orrenda finzione ontologica, quella del “soggetto collettivo”, perché pensare e decidere è eminentemente un atto individuale, anche e sopratttutto quando si elabora una decisione comune, appunto, attraverso discussione e deliberazione; consenso e dissonso debbono mostrare volto e responsabilità personale altrimenti, nell’anonimato, diventano la cosa più brutta che c’è nelle convivenze umane: il conformarsi anonimo dei molti nella sopressione morale del dissenziente – come quelli della caverna di Platone. Dunque libertà, responsabilità, autonomia e amore di verità sono i valori negati dal secondo fatto.
    Ecco, se mi sono dilungata sugli esempi è perché rendono forse più chiara la differenza FRA CIO’ CHE E’ DOVUTO DA CIASCUNO A TUTTI, che è un altro nome della giustizia, e gli ordinamenti di priorità di valore anche diversissimi che in una società democratica dovrebbero convivere, purché compatibili con la giustizia. Che proprio non c’è quando uno Stato non ce la fa più a distinguersi da una banda di briganti, e un movimento di protesta che era riuscito a convogliare la speranza civile in parlamento si trasforma nell’incubo di una setta totalitaria, ancorché di proporzioni lillipuziane.

  3. Giuseppina Rando
    sabato, 6 Luglio, 2013 at 07:48

    Mi rispecchio nel pensiero e negli scritti di Roberta De Monticelli e trovo molto chiara e pertinente la risposta ad Alvaro Leoni.
    Sto leggendo “Sull’idea del rinnovamento”: è un testo che dovrebbero, non solo leggere, ma soprattutto assimilare tutti quelli che cercano la “verità” e la ” giustizia”, veri fondamenti del vivere civile.
    Soltanto se si perseguono e si attuano questi valori ci potrà essere il “rinnovamento”.

  4. Alvaro Leoni
    mercoledì, 10 Luglio, 2013 at 10:31

    Gentile professoressa,finalmente domani avrò disponibile il suo testo sul “rinnovamento” che ho prenotato insieme al testo di Max Scheler su “l’etica materiale dei valori”

  5. Alvaro Leoni
    mercoledì, 10 Luglio, 2013 at 11:22

    devo pertanto limitarmi alla risposta che mi ha indirizzato su questo sito; risposta dalla quale continuo a recepire un forte e costruttivo tentativo di migliorare legalità e moralità dei singoli per ottenere una società italiana più legale e più morale.
    Le confesso che ,in questo tentativo,ci sono alcuni concetti che non mi sono chiari per i quali chiedo una conferma prima di affrontare la lettura del suo libro: ad esempio con ” fatti di valore e disvalore” per i quali dovrebbe esistere un “condiviso riconoscimento” intende sostenere che i fatti, oggetto della nostra percezione, quelli che lei elenca nella risposta, contengano anche un preciso giudizio di valore? Perché, se così è, poiché “la verità su questi fatti o si conoscono o non si conoscono” e ” le verità che ci interessano non sono neutre”allora dovremmo avere tutti, personalmente ,uno stesso strumento per decidere ciò che è legale e ciò che è morale.
    Il concetto che il valore sia immanente nella realtà,come lei sa meglio di me, non è un concetto condiviso da molti; inoltre non mi sembra in linea con quanto descritto nel suo precedente saggio” La questione morale”dove si immaginava la società italiana come un grande prato fiorito con piante e fiori di ogni colore e profumo(talvolta anche sgradevole).
    In questo prato immagino che avrà diritto di cittadinanza anche la signora Santanchè (magari come fiore rosso dalla vergogna ma non sta a me giudicare). Se si chiedesse a lei di approfondire la “domanda di verità sui fatti di valore” probabilmente risponderebbe che non c’è nessuna regola morale per impedire ad un presidente puttaniere di frequentare le signorine che frequenta. Così come non ci sono problemi di giustizia se queste signorine sono maggiorenni e consenzienti( in un solo caso il presidente era convintissimo ,purtroppo a torto, che la signorina fosse maggiorenne e ,per di più, parente di un capo di stato estero).
    Nel secondo caso che lei mi cita, quello degli eletti 5 stelle,non condivido la stroncatura netta che lei pronuncia verso questo movimento che ha proprio nello statuto la volontà di rinnovamento; li definisce come “una setta totalitaria”. Non ho votato questo movimento alle ultime elezioni però le pongo una domanda: un insegnante delle elementari potrebbe lasciare libertà di azione ai suoi discepoli prima di aver approfondito con loro le insidie che affronteranno in un contesto di affari e malaffari come quello che esiste nel parlamento italiano?
    Con rinnovato apprezzamento, Alvaro Leoni

  6. Marina Corona
    giovedì, 19 Settembre, 2013 at 11:26

    Scusa Roberta, quello che scrivo c’entra forse alla lontana con il tuo libro, ma vorrei segnalare, a proposito di femminicidi, le tre immagini a tutta pagina uscite oggi su La Repubblica di giovani donne trasandate dall’espressione palesemente sofferente e sottomessa (rèclames di Prada e Kocca). Queste immagini sono un invito alla violenza! dove comincia, dove finisce e quali connivenze ha la perversione del potere?

  7. Vito Morgese
    lunedì, 20 Gennaio, 2014 at 15:19

    Abbiamo sempre pensato che noi uomini e l’universo fossimo 2 cose diverse, lui, eterno e infinito,noi, mortali e limitati.Ci sentiamo nei suoi confronti solo degli osservatori impotenti. Ammiriamo il suo ordine, la sua bellezza,la sua armonia, estasiati, come se fosse qualcosa avulsa da noi. Noi,invece,siamo tutt’uno con lui, frutto, non so quanto dovuto al caso,della sua creazione e pertanto come lui dobbiamo agire e comportarci dal momento che le sue 2 forze opposte(gravità ed espansione), che lo tengono armoniosamente in equilibrio, le abbiamo anche noi impresse nel nostro DNA sotto un’altra forma .La Razionalità sta per la forza di gravità e la Creatività per la forza di espansione.Con questa nuova ottica abbiamo l’opportunità di dare un nuovo senso alla nostra vita di mortali, basta che queste 2 nostre doti si integrino e si compendino in un’armonica razionalità creativa o creatività razionale con regole e leggi fatte ad hoc e osservate da tutti, perché si possa attuare lo stesso equilibrio, lo stesso ordine e la stessa armonia di quel manto stellare che Kant ammirava estasiato tanto di sentire dentro di sé la legge morale che è la nostra coscienza la cui voce finalmente dovremo ascoltare se vogliamo salvare l’umanità dall’autoldistruzione.Purtroppo il nostro asse di equilibrio è già sbilanciato di circa 45 gradi in quanto la creatività della potenza tecnologica prevale sulla razionalità grazie alla nostra globale dissennatezza. Queste poche righe per dare una risposta alla domanda di verità del suo breve ma esauriente saggio sull’idea di rinnovamento,in cui la postilla conclusiva ci lascia un po’ disorientati e senza scampo, alla mercè delle spietate leggi di natura. Noi,però,rapportandoci all’universo che è la nostra principale radice dobbiamo far prevalere, così come dice Leibniz, ciò che è in noi d’architettante ed armonico servendoci sapientemente proprio di quelle 2 forze che da lui abbiamo ereditato.

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