E ora guardiamo in che stato siamo – di Sandra Bonsanti

lunedì, 27 Marzo, 2017
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E ora guardiamo in che stato siamo

di Sandra Bonsanti

(pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 23 marzo 2017 e sul sito di Libertà e Giustizia il 25 marzo 2017)

Non so quale Paese avrebbe l’energia per resistere a lungo agli stress a cui sottoponiamo il nostro. Non so quale democrazia riuscirebbe a sopravvivere ai colpi che quasi ogni giorno riceve da chi avrebbe il dovere di proteggerla. Nessun Paese, nessuna democrazia possono farcela. Prima o poi accade l’ incidente. Prima o poi arriva il seduttore. Questo pensiero ci accompagna già da tempo, ma abbiamo preferito non esser pessimisti e fingere di non vedere.

Abbiamo passato gli ultimi due anni a cercare di salvare la Costituzione, e ci siamo riusciti.

Ma dobbiamo riconoscere che questo grande impegno ha fatto sì che ci distraessimo da altri problemi gravissimi, li abbiamo un po’ accantonati nella illusione che, salva la Carta, si sarebbe tutto risolto.

Invece no. Adesso è possibile osservare il quadro generale. Fa male. Ma eccolo qua.

1) La corruzione e l’ illegalità affliggono il Paese, dal sud fino alle Alpi. Le cosche hanno ormai vinto lo scontro (quando ci è stato) con le amministrazioni pubbliche e non c’ è gara d’ appalto, dalla Campania alla Toscana, dalla Calabria al nord, che non siano vinte in gare al ribasso che escludono le poche imprese oneste rimaste. Si va dagli appalti sui bus che fanno i servizi scolastici, alla Consip. Da piccole somme a quelle grandi, compreso il business dai servizi sociali per i migranti. Dal gioco d’ azzardo al grande spaccio di droga. Macchinette per giocare si trovano ovunque, anche nelle sedi dove erano i circoli del Pci e dove un tempo si giocava a scopa.

2) La magistratura ci dice che le leggi varate o in via di approvazione non servono, anzi in certi casi sono dannose, nel senso che aiutano a delinquere. Una delle questioni più gravi, a mio avviso, è quella norma che costringe gli ufficiali di polizia giudiziaria a informare i superiori: non più al servizio del magistrato, ma del potere politico da quale dipendono i vertici. Chi ha un po’ d’ esperienza della vicenda politica non può non vedere che il prossimo attacco da parte di chi ci governerà sarà rivolto alla giustizia, all’ autonomia della magistratura, alla separazione dei poteri. È tanto tempo che cercano un attacco finale che prima o poi ci sarà. Inoltre, il caso Minzolini insegna che anche lì dove un rimedio per “salvare” l’ onore del Parlamento era stato trovato (si fa per dire), si può rinnegarlo, aggirarlo, prendendosi la libertà di sostenere l’ insostenibile, come è stato detto giustamente.

3) Contro la miseria e l’ ingiustizia non si studia un piano illuminato, un progetto condiviso.

Non c’ è tempo per studiare, bisogna tamponare qua e là con specchietti per le allodole che contengano la perdita di consenso. Al sud, appena scende il sipario sulle vittime della mafia, irrompe sul palcoscenico il grido: con noi si lavora, con gli sbirri no. Nel giro di pochi giorni riusciamo a dimenticare la lettera di Michele che si è ucciso a trent’ anni, logorato dalla precarietà e dalla disoccupazione.

4) L’ informazione soffre di un duplice male: da una parte è sotto attacco perché gli editori sono sempre più servili nei confronti del governo e molti direttori si adeguano e moltissimi giornalisti pure.

Dall’ altra, i giornalisti coraggiosi subiscono minacce gravissime e intimidazioni rivolte anche ai familiari. Ma, come ci hanno ricordato i giornalisti del Washington Post “Democracy dies in darkness”.

5) Siamo forse l’ unico paese al mondo senza una legge elettorale. Sarebbe bene ricordarselo di tanto in tanto.

6) Il nostro debito pubblico spaventa chi se ne intende. Mentre il fenomeno migratorio più ampio che la storia ricordi investe si il Mediterraneo, ma prima di tutto noi e le nostre coscienze.

7) In una situazione che non può fare invidia a nessuno, ci troviamo con un pezzo di classe politica stranamente affascinata dal potere e strettamente collegata a parte della finanza. Il Partito democratico è un universo che sa tenersi unito soltanto attorno al miraggio di un leader che promette potere per sé e per i suoi amici. Qualcosa di nuovo, ma non per questo di positivo. Gli altri che potrebbero vincere elezioni e che non sono “professionisti” della politica peccano di improvvisazione e di decisioni prese da uno solo. La sinistra continua a dividersi, come ha sempre fatto, purtroppo.

Dossetti avrebbe chiesto ancora: “Sentinella, quanto resta della notte?”. Ma il nostro è tempo di sondaggi, non di profezie. Eppure è assolutamente necessario che si mettano in campo energie capaci di analizzare questo quadro, sommario e parziale, dello stato della democrazia. Prima che faccia giorno.

 

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