E IN ITALIA LE CHIAMANO VERDI – di Roberta De Monticelli

martedì, 8 Febbraio, 2022
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A Pechino, sono così, le montagne che sembrano finte, la neve artificiale, sparata. Ma in Italia, sulle Alpi dolomitiche, sulle Alpi Retiche, devasteranno tutto quello che potranno. E del resto le Olimpiadi sono soltanto un pretesto. La verità è che stiamo facendo finta di non vedere il disastro climatico – e continuiamo così, imperterriti. 

Ci sono iniziative contro questo cupio dissolvi, però. C’è una petizione Org da firmare (vedi il link nell’articolo). E un Referendum da organizzare (vedi su fb il COMITATO PER LE OLIMPIADI SOSTENIBILI: https://www.facebook.com/groups/1245490192616854). Sosteniamole. 

Mentre il Parlamento italiano partoriva con gran fatica e tormenti il nuovo – o forse il vecchio – Presidente della Repubblica, in molti consigli comunali non una discussione, non un conflitto o lo straccio di un’opposizione rallentava di un attimo il vecchio che avanza, travolgendo a furia di opere cementizie e incentivi al consumo rapace qualunque idea di sviluppo “sostenibile”. In barba ai fiumi di retorica versati da tutti i media in lode di Greta Thunberg e della nuova sensibilità ambientale, cui pareva l’universo intero si fosse convertito nei giorni della Conferenze sul clima a Milano e a Glasgow – solo una manciata di settimane fa. Davvero, a leggere i bollettini di Italia Nostra, ad ascoltare gli isolati gridi di dolore che pure si levano, e da tutti gli angoli della Penisola, sembra che Greta avesse ragione quando, guardando di sottecchi le labbra del Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani parlare di lei, sembrava rifargli il verso con il suo martellante bla bla bla…

Sono davvero molti i casi di stupefacente indifferenza ai proclami sulla transizione ecologica indifferibile e sui vincoli posti dal PNRR all’impiego delle risorse in direzione di una riconversione dell’economia verso uno sviluppo sostenibile. Stupefacente per l’apparente assenza – non dico di sanzioni, ma addirittura di comunicazione fra i territori dove attentati e scempi ambientali si compiono, e i responsabili della cosiddetta Transizione Ecologica a livello centrale. Insomma, Sindaci e Giunte continuano a fare esattamente quello che gli pare, soprattutto se generosamente finanziati dalle Regioni di appartenenza, come se il disastro globale, il PNRR e i suoi vincoli, le Transizioni Ecologiche e il suo Ministero, per non parlare del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili appartenessero a un altro pianeta.

Vorrei proporre un caso fra i molti all’attenzione di tutti – se possibile, anche a quella del Ministro Enrico Giovannini, appunto. Un caso cospicuo per la quantità e qualità dei luoghi interessati, e per la risonanza del pretesto che motiva questa nuova ondata di devastazioni: le Olimpiadi Invernali Milano-Cortina 2026. Quando si legge cosa succederà alle Dolomiti, viene letteralmente a mancare il respiro (https://www.ildolomiti.it/ambiente/2022/). Ma c’è fra le altre una devastazione che riguarda le Alpi Retiche, dunque la Lombardia, e che come tutte le altre di minor richiamo mediatico resterà sottotraccia, nell’ombra del fondovalle. Minaccia la Piana dell’Alute, meglio nota come piana di Bormio: la sua cosa più bella oltre al centro storico, quella che guadagnò un tempo alla Contea di Bormio e alle convalli il nome di Magnifica Terra. E’ un progetto di tangenziale già finanziato dalla Regione Lombardia con una valanga di denaro (12 milioni di euro) e perfino già inserito nel Piano di Governo del Territorio del Comune di Bormio, insieme ad altre opere ad alto impatto ambientale, prima ancora di richiedere la VAS, la Valutazione Ambientale Strategica oggi resa obbligatoria dalla legislazione europea, e nonostante le fortissime riserve espresse dallo stesso team di lavoro che aveva curato l’iter di approvazione del progetto già una decina di anni fa, e lo aveva quindi fortemente sconsigliato. Sono riserve che riguardano l’irreversibile danneggiamento della R.E.R. (Rete Ecologica Regionale), attraverso la separazione dalla piana agricola del suo torrente, il Frodolfo, nella sua parte ancora non antropizzata, per non parlare del consumo di suolo (sei metri minimi di larghezza, rotatorie e svincoli) e dell’incentivazione senza limiti del traffico automobilistico – con la scusa risibile di alleviarlo in Bormio: cosa che nel migliore dei casi sarebbe vera per due settimane d’inverno e una d’estate, a Natale e Ferragosto. E per tacere dello scempio paesaggistico di una delle poche aree (in parte) miracolosamente scampate all’assalto delle seconde case, in una delle poche valli dove questo assalto è stato contenuto almeno nella volumetria degli edifici. Quanto a dire: una valanga di soldi impiegata a distruggere quel po’ che resta di attrattiva turistica e quindi di lavoro per le generazioni a venire. Investita per correre in direzione ostinatamente contraria al cambiamento necessario: perché i ghiacciai, proprio lì, si sciolgono a una velocità impressionante, e stringe il cuore vedere oggi una foto della valle in veste primaverile, con la sola lingua bianca delle piste, di neve sparata fra le stoppie brulle, e un dispendio di risorse idriche che rende sempre più vizioso il circolo della siccità e dell’artificio violento. Tutto per le Olimpiadi Invernali, con gli occhi ostinatamente chiusi al fatto che prestissimo non ci sarà più in Europa neve per ospitarle (Dolomiti.it). Con le orecchie ermeticamente chiuse alle denunce della Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi (CIPRA), che dichiara l’assoluta incompatibilità delle infrastrutture olimpiche con la fragilità del sistema idrogeologico alpino, e in una lettera aperta al Comitato Internazionale Olimpico chiede che i progetti programmati per Milano-Cortina siano riconsiderati e ridimensionati.

Ministro Giovannini, o delle Infrastrutture Sostenibili: l’ascolterà questo appello, almeno lei? Ascolterà gli appelli di Italia Nostra, del WWF, di Libera, del Comitato Pro Olimpiadi Sostenibili che ha lanciato una petizione Change Org ancora firmabile (https://www.change.org/p/salviamo-dall-asfalto-la-piana-verde-di-bormio) e una richiesta di intervento all’Unione Europea? Risponderà ai consiglieri che si sono opposti, alla lungimirante esponente della locale Associazione Commercianti che sperava in una vista più lunga anche da parte del suo Comune? Risponderà a questa Neolingua che chiama “verdi” le Olimpiadi 2026 e “valorizzazione” della Piana la sua cementificazione?

Certo non lo stanno ascoltando gli amministratori locali del luogo dove si svolgeranno – sulla pista dei Mondiali – le discese libere maschili: intenti come sono a peggiorare anche il degrado paesaggistico, e a dissipare il patrimonio storico e culturale di questa antica contrada. I cui statuti comunali scolpivano in un roccioso latino medievale un’assai più civile nozione del Bene Comune. E la cui grazia sopravvisse al Sacro Macello, ai Lanzi, alla Guerra dei Trent’anni, visse un periodo di splendore illuminato sotto gli Asburgo, resistette alla carneficina della Grande Guerra, quando il fronte passava a tremila metri su quelle montagne. Sopravvisse perfino agli anni spensierati del boom economico, mentre la speranza di una rinascita vera delle civiltà dopo l’orrore già si ritirava, in quel rapido crescere di asfalti, ingordigie e facili fortune che chiamarono “miracolo italiano” e rese questa Lombardia sempre più somigliante allo stato gaddiano del Serruchon, la Brianza de La cognizione del dolore e delle villette a schiera. Una grazia, quella della Magnifica Terra, che a quanto pare non sopravviverà alla nostra ingordigia post-pandemica o al nostro cupio dissolvi. A meno che il pianto smisurato dei ghiacciai non rompa tutte le dighe della nostra protervia, fino a travolgere –  e dissolvere –  anche noi. Finalmente.

Articolo uscito su Domani 08-02-2022 : Le olimpiadi “verdi” Milano-Cortina stanno devastando il territorio

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