Senza regole, addio democrazia

giovedì, 11 Marzo, 2010
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Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’intervista di Elena Tebano (City, 9 marzo 2010) a Roberta De Monticelli su forma e sostanza della democrazia, dopo l’approvazione da parte del Governo italiano del “decreto salvaliste” che nel Lazio ha tentato di riammettere con provvedimento d’urgenza la lista del Popolo della Libertà (collegata alla candidata Renata Polverini) alle prossime elezioni regionali. Il giorno seguente il via libera del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al decreto, il Tar del Lazio, respingendo il ricorso della lista esclusa, ne ha ribadita l’estromissione dalle elezioni per inapplicabilità del decreto. L’esclusione, si ricorda, è avvenuta a seguito della mancata presentazione della lista nei termini e nelle forme previste dalla legge. Tale provvedimento, in ogni caso, non impedisce alla candidata Renata Polverini di concorrere, ma solamente alla lista Pdl che la sostiene.

L’intervista può essere scaricata e letta anche in formato Pdf.

Il governo ha approvato un decreto per ammettere alle elezioni le liste irregolari del Pdl, perché – ha detto il presidente del Senato Renato Schifani – “bisogna che la sostanza prevalga sulle forme”. È giusto?

«No, è un’affermazione di una gravità enorme».

Ma è una considerazione che chiunque ha fatto almeno una volta nella vita…

«Nella vita di tutti i giorni, sì. Ma quando si parla di Diritto, la forma è sostanza. Dire il contrario è, in linea concettuale, ammettere che sia legittima qualsiasi azione che sembri buona a chi ne ha la forza. Ad esempio fare la marcia su Roma».

Intende la marcia su Roma dei fascisti, con cui Benito Mussolini nel 1922 ha preso il potere?

«Sì, in entrambi i casi c’è il disprezzo ostentato per le procedure del diritto, per le regole giuridiche».

Che vuol dire?

«I fascisti, all’epoca, dimostrarono di poter esercitare a dispetto delle regole un potere che avevano. Ma il potere senza regole porta necessariamente ad abusi – anche se chi lo esercita è in buona fede».

Perché?

«Nessuno di noi ha una conoscenza assoluta di ciò che è bene e ciò che è male. Per questo gli esseri umani hanno escogitato un sistema di procedure, “le regole formali”: servono a fissare i limiti in cui gli interessi di una parte sono affermati senza abusi sugli altri. Le procedure garantiscono la neutralità della legge, evitano l’arbitrio. Impediscono per esempio che la competizione elettorale diventi rissa».

Ma allora avremmo dovuto escludere una parte dell’elettorato italiano dalla possibilità di votare il proprio partito?

«No. Ma anche chi era contrario al decreto ha sempre detto che bisognava salvaguardare il diritto di voto dei cittadini».

E quindi?

«Il governo ha avuto troppa fretta, come se si fosse obbligati a scegliere tra il decreto o elezioni-burla. In Lombardia il Tar ha risolto metà del problema. Ora si vedrà cosa succederà dopo il respingimento in Lazio, ma non si capisce perché il governo abbia voluto costringere il presidente Giorgio Napolitano a firmare il decreto di notte. Né perché lui abbia ceduto».

Secondo lei Napolitano ha sbagliato?

«Ha avallato il cedimento di un bastione formale. Doveva chiedere che si cercasse un’altra soluzione. Nello stesso tempo va detto su di lui la maggioranza ha esercitato una pressione brutale…».

Una pressione brutale?

«Sì, al punto che il Tg1 è arrivato a stravolgere la verità dei fatti».

A cosa si riferisce?

«In un servizio del telegiornale è stata attribuita al giurista Hans Kelsen l’idea che la sostanza deve prevalere sulla forma. A dire così, invece, era semmai Carl Schmitt, il cosiddetto “costituzionalista di Hitler”. E il nemico numero uno di Kelsen».

Hanno detto il contrario della verità?

«Sì. Sa cosa diceva Robert Musil? “Nessuna grande civiltà può reggersi su un rapporto distorto con la verità”. Senza verità la democrazia non funziona. Per questo non si può dire una cosa del genere, come non si può dire che l’ex avvocato del premier David Mills è stato assolto, invece che “prescritto”. Salta tutto».

Molti nell’opposizione si aspettavano che il Pdl spiegasse: “Abbiamo fatto un errore, aiutateci a far votare milioni di elettori, ne va della democrazia”. Invece non è successo.

«Sì, se l’avessero riconosciuto, sarebbe stato tutto diverso. Invece non c’è stata fiducia nella verità, né dibattito delle idee – anche per l’applicazione arbitraria della legge sulla par condicio, con l’oscuramento, addirittura, dei talk show, cioè della forma televisiva dei dibattiti di idee».

La giustificazione del governo è che la maggioranza degli italiani è d’accordo con il Pdl.

«Ma questo non basta: lo sapevano già gli antichi greci. La morte di Socrate è stata la protesta della filosofia contro questo idea di “governo del popolo” senza tutela delle minoranze – che è dittatura. Se 100 persone su 100 decidono di uccidere tutti quelli che hanno gli occhi azzurri, la decisione è a maggioranza, ma non certo giusta, e neppure “democratica”».

Insomma, il consenso non basta a garantire la democrazia.

«Sì, ad esempio, il nazismo è arrivato al potere sulla base di una pretesa maggioranza assoluta – con l’aiuto, poi, di qualche aggiustamento costituzionale fatto da Carl Schmitt, come dicevo prima».

Ma noi cittadini cosa possiamo fare di fronte alle “deroghe alle forme”?

«Pensare a come valutiamo oggi i nostri antenati che con il loro silenzio, la loro indifferenza, il loro disgusto della politica hanno permesso l’avvento delle non-democrazie, impedendo a intere generazioni di fiorire. Loro siamo noi».

È una questione di scelte di partito?

«È una questione pre-politica, di convivenza civile. Chiunque, in qualunque partito si riconosca, deve pretendere dai suoi rappresentanti il rispetto delle forme».

Intervista di Elena Tebano (City)

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Un commento a Senza regole, addio democrazia

  1. Ninolabate
    lunedì, 15 Marzo, 2010 at 20:31

    Sono d’accordo con la De Monticelli. Specie quando rilancia con coraggio la nozione di pre-politica, ai miei tempi una sollecitazione pedagogica e di autentica formazione alla ” Polis”, ma oggi scomparsa dal vocabolario della politica e dal dibattito pubblico e guardata con molto sospetto. Forse… forse ci sarebbe solo da approfondire la distinzione che Aldo Moro faceva tra “democrazia integrale” e “democrazia competitiva” per capire sino in fondo il suo pensiero sulle regole, (che dava per irrinunciabili) ma che superava perchè le assorbiva all’interno di una sostanza etica e spirituale.

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