Ripensando possibili intrecci: Bloch e Husserl

sabato, 13 Agosto, 2011
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Cinquant’anni fa, il Muro di Berlino.

Ernst Bloch vi vide una fatale interruzione dell’intenzionalità utopico-concreta e si sovvenne di analoghi argini anti-libertari ed anti-liberali edificati nei lontani anni Venti-Trenta dai fascismi europei sulle macerie di democrazie svuotate. Decise, allora (1962), di riprendere in mano Eredità del nostro tempo (1935) e di non cambiare nulla alla propria analisi di quella contemporanea ‘diga feudale’, atemporale e aprocessuale, retaggio di una modalità di appropriazione del reale rigorosamente contemplativa basata sulla figura hegeliana del ‘padrone’ consumatore indifferente all’intervento sull’oggetto rappresentata -a suo modo di vedere- dalla fenomenologia, in primis da quella husserliana e, successivamente, da quella di Scheler e di Heidegger.

Bloch -come tantissimi altri allievi di Lipps, da Pfander a Daubert a Reinach ecc. autori della famosa ‘invasione monacense di Gottinga’- era stato affascinato dalle Ricerche Logiche, dalla loro scoperta dell’intenzionalità costitutiva, dall’ontologia materiale, dall’analisi del significato prescientifico del linguaggio, dal rigore delle analisi del ‘senso oggettuale’ come ‘oggettualità intenzionale’;vi vedeva, insomma, i prodromi di una teoria dell’oggetto funzionale ad un’ontologia concreta -poi, subito dopo l’Ottobre rosso, materialistica. Poi, come d’incanto, ad ampliare il fascino e le potenzialità ‘rivoluzionarie’ della teoresi husserliana, erano sopraggiunte (1904-5) le lezioni gottinghesi sul tempo: l’ “Ora” impenetrabile, autentica soggettività in atto, ‘presente vivente’ in-oggettivabile, da cui sgorgava la catena, strutturante l’unità e l’identità dell’oggetto, delle ritenzioni e delle delle protensioni intese alla stregua di ‘solidarietà teleologiche’, si gonfiava, in Bloch, sino a diventare l’ “oscuro attimo vissuto”, la sorgente costantemente pulsante dell’intenzionalità utopica racchiusa nell’implicito ‘non-ancora-conscio’ come futura prassi aperta sia al successo che al fallimento, e perciò comodamente rintracciabile, senza tema di contraddizione, nelle effigi dureriane della “Melancholia” e del “San Girolamo nello studio”; quel Durer del “Cavaliere, la morte e il diavolo” che Husserl pochi mesi dopo, nelle vibranti pagine del diario del 25 settembre 1906, avrebbe innalzato a cifra della propria inesausta battaglia, esistenziale e teoretica, contro l’ottusa prepotenza della pre-datità naturalistico-obiettivistica. L’ ‘urto iniziale dell’ “ora” ‘ -per usare la terminologia di quell’ Experimentum Mundi in corso di elaborazione già dai primissimi anni Venti con lo Zehlendorfer Manuskript!-  doveva cioè necessariamente fuoriuscire dall’immediatezza a- e pre-teoretica dell’Erlebnis per concretizzarsi, allora, in Bloch, in nuove strutture ‘predicative’ dell’indeterminato substrato del ‘non-ancora-conscio’, in ‘figure’ aperte, dinamiche , forme figurative di ‘prova’,forme aperte, in misura tale da trasformare le teorie meinongiano/husserliane dell’ “oggetto” (comunque benignamente accolte quale punto di partenza,sia sotto il profilo epistemologico che sotto quello ontologico) in rilevamenti fenomenologici di una “cosa stessa ancora ‘aperta'”(Experimentum Mundi,p.178,pp.190-199 e,ivi, §§ 17-18, da accostare alle coeve pagine di Eredità del nostro tempo su “Il nucleo fondamentale della fenomenologia“) miranti ad ‘animare’ dialetticamente/materialisticamente, come “materialità telico-logica delle categorie” (Experimentum Mundi), gli imprescindibili fondamenti ontologici derivanti dalle (idealisticamente limitate, per Bloch) teorie meinongiane  ed husserliane dell’ ‘oggetto’, in maniera straordinariamente affine, comunque oggettivamente convergente al di là delle rispettive consapevolezze soggettive, con la coeva teorizzazione husserliana dell’ ‘indeterninatezza infinitamente determinabile’ di qualsivoglia oggettualità, ideale o reale, con la piena strutturalità dell’orizzonte,in atto già nel 1913 con Ideen I e poi definitivamente sancita dapprima nella teoria dell’ ‘intenzionalità d’orizzonte’ in Erste Philosophie (Zweiter Teil: Theorie der Phänomenologischen Reduktion), successivamente nell’apoteosi delle Cartesianische Meditationen e di Formale und transzendentale Logik. sempre sotto l’illuminata egida del ‘possibilismo’ leibniziano -che è nume anche e massimamente blochiano!- fondato -come Deleuze ha fatto magnificamente notare- sulle categorie di ‘piega’,’dis-piegamento’,ecc. Così, anche in Husserl, il ‘telos’, la spinta e-staticamente oggettiva verso il superamento dell’immediatezza del noema primordiale in quanto substrato, grazie ad una teoria fenomenologica dell’oggetto incardinata nella riduzione fenomenologica si ‘apriva’, nello stesso torno di anni, nell’infinità, orizzontale e verticale, degli ‘orizzonti’ infinitamente aperti da una costitutività soggettiva, noetico-trascendentale poggiante necessariamente sulla ‘filosofia come scienza rigorosa’, sulla filosofia come visione idetica, come astrazione ideante, come ‘contemplazione’ delle strutture primordiali della totalità dell’essente, come ontologia fenomenologica universale contrapposta alla suprema ontologia razionalistica di Spinoza. Così, anche Husserl diventava ‘utopico-concreto’, fondando d’un sol colpo soggettività costitutiva e imprescindibile auto-datità, auto-manifestatività dell’oggetto -si veda la stoica battaglia su due fronti in atto in Filosofia come scienza rigorosa (1911) sia contro lo psicologismo naturalistico-obiettivistico sia contro lo storicismo invertebrato.

Ma l’ Idea della fenomenologia (1907) -contemporaneamente all’insorgenza, rigorosamente coerente con quanto accennato sopra,del pensiero del ‘non-ancora-conscio’ in Bloch- era poi piovuta a raffreddare i caldi animi di quei giovani: in essa, a loro modo di vedere, si edificava una soggettività ‘trascendentale’, astratta, lontana dalla concretezza dell’esistere ed interessata ad un puro approccio teoretico alle immacolate ‘essenze’ senza storia e senza spessore culminante nel primo volume delle Idee – ma quel che colpisce è che sia Bloch -a partire già dalla prima edizione (1918) di “Spirito dell’Utopia” fino addirittura alle frementi pagine anti-husserliane del tardissimo Experimentum Mundi – che l’Adorno laureatosi su Husserl nel ’24 (il 1924 dei Kaizo-Artikel e dell’ Introduzione all’etica – preceduti dall’inserimento, già nei Lineamenti di etica formale, della categoria del ‘miglior mondo possibile’ intesa come accertamento preventivo dell’orizzonte della praticabilità etico-politica ad opera della scienza,per orientare fattibilmente poi la decisione nell’autoresponsabilità, oggettivamente centrale anche in Principio Speranza, pp.289 sgg.-, quel tempestoso quinquennio post-bellico che Husserl aveva inaugurato con la (rivoluzionaria in senso proprio) lettera a Metzger e che aveva concluso, mercé anche lo sforzo teorico friburghese di Gemeingeist I e II, con la teorizzazione, radicata in larga parte già nel ‘suo’ Fichte del 1917, di una ‘metafisica’ teleologicamente orientata basata sul primato dell’etica,della ‘vocazione’ e della ‘liebende Gemeinschaft”) e autore della ventennale Metacritica della gnoseologia, nonostante avessero sicuramente letto la Krisis“il secondo volume delle Idee(con la sua apoteosi dell’intenzionalità corporeo-istintuale e con i drammatici paragrafi 22-29 -tutti leibniziani, tutti ispirati da quella rivoluzionaria teoria leibniziana delle “piccole percezioni” che tanto peso ebbe anche su Bloch- sulla “possibilità essenziale”,per l’io, di un sonno permanente) e di Filosofia prima, non intesero modificare alcunchè del loro giudizio su Husserl, né allora né dopo.

Tutto ciò andrebbe adeguatamente approfondito -e se ne avrò il tempo, mi cimenterò io stesso, tanta è la posta in gioco. Resta il fatto che la teorizzazione blochiana nel suo complesso -da Spirito dell’Utopia a Principio Speranza a Experimentum Mundi– affonda radici incrollabili in Brentano, Meinong -quel Meinong che tanto ferocemente Husserl aveva combattuto per questioni di ‘primogenitura’ di ‘teoria dell’oggetto’- e, soprattutto, Husserl (si vedano, oltre alle illuminanti pagine di W.Hudson nel suo The Marxist Philosophy of Ernst Bloch, London: Macmillan and New York: St Martin’s Press, 1982, anche, di Laura Boella, Trame della speranza, Jaca book, Milano 1987 e, di Sandro Mancini, lo splendido L’orizzonte del senso. Verità e mondo in Bloch, Merleau-Ponty, Paci, Mimesis, Milano, 2005). L’in-tenzionalità perennemente insoddisfatta, alla ricerca di una sintesi post-hegeliana e post-kantiana di ‘soggetto-oggetto’, veicolata in primis da un’intenzionalità corporeo-istintuale (in cui husserlianamente -e blochianamente: si veda Principio Speranza, seconda parte, “Fondazione-Coscienza anticipante”- si radica lo stesso ‘interesse’ teoretico)che sfocia in una teoresi integrale/”fantasia oggettiva”(Bloch) teleologicamente orientata dall’infinità delle idee,da questo “Dio nella storia”(Idee II, App.V) -‘storia naturale’ e storia umana: si vedano i manoscritti del gruppo E chiosati da Paci in Tempo e verità nella fenomenologia di Husserl, altro testo del 1961 che meriterebbe una ristampa!-, finalizzata alla “miglior vita possibile” nel quadro di una ‘radicale auto-responsabilità’ e di un radicale anti-autoritarismo sociale e politico culminante in una ‘comunità d’amore’ altrettanto ‘aperta’ e infinita- tutto ciò, rimane quale ‘eredità del nostro tempo’ da mettere a frutto in un momento di indebolimento strutturale planetario del dominio borghese consci che lo scontro tra le due classi in lotta può finire anche con la comune rovina di entrambe.

Una versione maggiormente articolata ed arricchita dell’articolo può essere letta su: http://perlafenomenologia.blogspot.com/

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