L’inguaribile malattia del complotto. Mario Calabresi sul vizio italiano

mercoledì, 4 Maggio, 2011
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«In Italia la notizia dell’uccisione di Osama bin Laden è stata accolta da molti con scetticismo o con il pregiudizio che la notizia sia falsa, oscura o perlomeno manipolata.

Nelle lettere che riceviamo qui al giornale, nelle mail, come nelle chiacchiere che attraversano il nostro Paese emerge un vizio tutto italiano, che ci accompagna da decenni.

Ognuno di noi credo abbia avuto anche ieri la stessa esperienza: incontrare qualcuno che scuote la testa e, mentre sorride cercando complicità, dice: «Ma non è certo Osama bin Laden».

Un concetto declinato con mille variabili: ma perché dovremmo crederci? A chi fa comodo? Perché proprio adesso? Perché tutta questa fretta di gettarlo in mare? Perché non ce l’hanno fatto vedere? Il tutto poi racchiuso nella rassicurante frasetta magica: è un «giallo».

Se si prova a rispondere che quelle foto scatenerebbero la furia degli estremisti, che nessun Paese era disponibile ad accettare la salma e che si voleva evitare di creare un luogo di pellegrinaggio per fanatici e terroristi, allora si è guardati quasi con compassione. Sono così belle le teorie cospirative che ogni tentativo di spiegazione semplice e razionale viene subito respinto con disgusto.

Intendiamoci, in tutto il mondo ci sono i teorici delle cospirazioni, quelli che sostengono che l’uomo non è mai andato sulla Luna (lo sbarco sarebbe solo una sceneggiata costruita negli studios di Hollywood), che Elvis Presley è ancora vivo o che nessun aereo ha mai colpito il Pentagono l’11 settembre del 2001. Ma queste idee appartengono a minoranze antisistema, non fanno breccia in ogni strato e in ogni ambiente della società.

Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama annuncia ufficialmente al mondo che i suoi militari, dopo una caccia durata quasi quindici anni, hanno individuato e ucciso Bin Laden, ma dalle nostre parti invece di discutere e dividersi se ciò sia giusto o sbagliato ci si chiede se sia vero e si pretendono le prove. Molti, a mio parere troppi, a sinistra come a destra, partono dal presupposto che il Presidente non dica la verità, o perlomeno nasconda qualcosa. Coltivare il dubbio non è un difetto, anzi una ricchezza delle democrazie, ma vivere con lo scetticismo come regola di vita rischia di essere una grande fregatura.

E stiamo parlando di Barack Obama, pensate se l’annuncio l’avesse dato George W. Bush. (continua la lettura sul sito de La stampa) »

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2 commenti a L’inguaribile malattia del complotto. Mario Calabresi sul vizio italiano

  1. Carlo Conni
    mercoledì, 4 Maggio, 2011 at 11:55

    Da quanti decenni i governi degli Stati Uniti, la CIA nascondono, manomettono, deformano, omettono informazioni, mi chiedo perché mai proprio oggi dovremmo stare a credere alle parole di quegli stessi che hanno perpetrato massacri dalla Corea al Vietnam, dal Sud America, all’Iraq… peccato che wikileaks ormai non sia più in attività, ne abbiamo ancora bisogno!!!! A proposito, forse vale anche la pena di stare a sentire quello che la figlia di Bin Laden ha da dire e certo non lo racconterà alle autorità americane..

  2. Andrea Zhok
    mercoledì, 4 Maggio, 2011 at 14:30

    In effetti sono alquanto d’accordo con Carlo Conni. Per quanto sia decisamente vero che non è un bel vivere quando assumi una seconda natura di diffidenza e scetticismo nei confronti di tutto ciò che ha natura di comunicazione ufficiale, è anche vero che se c’è una regola universale delle comunicazioni politiche è che esse sono fatte innanzitutto pensando agli effetti che genereranno, non al loro contenuto di verità. Si tratta quindi in generale 1) di soppesare se chi pronuncia quella frase ha decisive ragioni per mentire o distorcere ciò che va dicendo, ed in quale direzione; 2) in secondo luogo, e non meno importante, bisogna anche pensare a quale sia il costo (e la probabilità) di un’eventuale smentita.

    Di passaggio, ciò che contraddistingue il panorama politico italiano non è una differenze sul primo punto: tutti i politici del mondo dicono la verità solo se incidentalmente coincide con l’utile. La peculiarità italiana è che da noi il costo (la disutilità) di un’eventuale smentita è SCARSO O NULLO. Più precisamente è sempre scarso, in quanto la gran parte dell’elettorato italiano ha la ritenzione mnemonica di una cernia sul banco della pescheria. Nel caso perticolare delle esternazioni del regno di Berlusconia il costo presunto è nullo, perché le residue tracce menstiche vengono prontamente resettate dai portavoce mediatici del Caro Leader.

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