Tanto varrebbe abolire lo studio della storia!

sabato, 18 Maggio, 2019
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Amici e colleghi docenti, davvero fate bene a non lasciarvi intimidire da un intervento tanto prepotente e servile quanto quello della sospensione dell’insegnante che non ha censurato il compito di storia dei suoi allievi, qualunque voto meritasse, solo perché questi si sono avventurati in una riflessione sulle analogie fra il presente e il passato del nostro Paese.

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Del resto non capisco neppure la sicumera con cui un personaggio solitamente sobrio e contenuto come Calenda, dopo aver evidentemente disapprovato il folle intervento punitivo dell’insegnante incriminata (beh, ci mancherebbe), ha definito “un’enormità” il compito scolastico che i suoi allievi hanno eseguito attraverso una comparazione dello ieri e dell’oggi. Si può garbatamente richiamare alla necessità di distinguere gli elementi di continuità da quelli di discontinuità, dato che per chiarire un’ipotesi di parziale analogia occorre precisamente mettere a fuoco aspetti omologhi e altri che non lo sono. Ma allora al massimo si potrà valutare il compito non sufficientemente analitico, impreciso o non bene argomentato: la parola “enormità” è assolutamente fuori luogo, come quella del giornalista (nella fattispecie Mentana), altrettanto sopra le righe. Questo è il trionfo, in entrambi i casi, di un pressapochismo, di una sciatteria, peggio di una sorta di terzismo spiccio e vago che disonora tanto il giornalismo quanto la politica. Al dunque: ci sono o non ci sono, elementi di continuità fra il Decreto Sicurezza e politiche che violano il principio di non discriminazione (“pari dignità e diritti”) che sta a fondamento della Dichiarazione Universale dei diritti umani, la quale precisamente contro queste politiche, e i nazionalismi totalitari che le ispiravano, fu promulgata? La Corte di Giustizia europea ha pochi giorni fa stabilito che ci sono: che alcuni punti di quel decreto violano quel principio, e in particolare lo violerebbe un decreto di rimpatrio, anche per comportamenti delittuosi, di persone che abbiano lo status di rifugiati perché la loro vita è a rischio nei paesi di provenienza. Eminenti costituzionalisti hanno avanzato fondati dubbi che sia completamente anticostituzionale il dispositivo che a certe condizioni ritira la cittadinanza – ma a immigrati che la detengono, non a nativi: chiaro esempio di discriminazione. E si potrebbe continuare. Del resto a che serve lo studio della storia del Novecento se non a capire la gravità, questa sì nefasta, dell’indifferenza che sottovaluta il pericolo di involuzione illiberale? A capire che la minaccia alla democrazia viene dai cittadini immemori, ignoranti o indifferenti all’uso arbitrario delle parole? E infatti l’attuale Ministro dell’Istruzione si avvia ad abolirlo per decreto, anche lo studio della storia. Così non ci sarà più bisogno di sospendere i prof per quindici giorni, basterà mandarli a casa del tutto.

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