La Pandemia e il Regno dei Fini

martedì, 5 Gennaio, 2021
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A proposito di scuola, individualità e responsabilità, a proposito di rinnovamento dopo l’apocalisse della pandemia: riprendiamo qui un articolo appena uscito su Atlante, il Magazine dell’Enciclopedia e dell’Istituto Treccani.

All’inizio della pandemia che ha segnato tanto tristemente la vita del mondo intero nell’anno appena chiuso, un fremito di speranza attraversò la vita di molti di noi. Di fronte a un disastro le cui proporzioni diventavano di giorno in giorno più terribili, ci si trovò a disperare magari di noi stessi, ma a sperare nella possibilità di un vero rinnovamento della vita italiana. Tanto inascoltabili sembravano improvvisamente diventate le uscite sguaiate e incompetenti, e non solo dei capifazione politici, ma di chiunque di noi avesse osato esprimere un parere sbrigativo anche in una cerchia di amici, senza cognizione vera di causa. Tanto acuto, anche se ancora oscuro, era il sentimento che aveva cominciato a insinuarsi in molti di noi, per la forza delle cose: il sentimento prezioso che nel gran rumore vitale e morale della democrazia un rinnovamento potesse venire alla vita di tutti dal toccare con mano, ormai, il valore della scienza e della conoscenza. Come fosse finalmente venuto il tempo, in un mondo che aveva troppo a lungo tollerato l’indifferenza al vero, di accogliere la conoscenza fra le virtù civili. E di farle finalmente il posto necessario: nella mente delle persone alla lunga, ma subito nelle governance del mondo.

Non soltanto per quanto riguardava la medicina e i medici, però. La sanità pubblica è certamente una condizione necessaria a una vita decente e sensata dei più, ma non è certo una condizione sufficiente: è un mezzo e non un fine. E tuttavia, quanto abbiamo dovuto approfondire la conoscenza dei mezzi in questo anno di altalena fra l’ondata della speranza o addirittura della spensieratezza e quella della disillusione, con il suo carico di discordia pubblica e di drammi privati, con l’avanzata spietata della povertà e delle disuguaglianze, e soprattutto con la cancellazione (quanto temporanea?) dei mestieri più fragili. Che sono i mestieri dei fini e non dei mezzi: i mestieri del senso, le arti precarie di ciò che sembra grazia più che necessità: dalle arti dei convivi a quelle dello svago e dei viaggi, della bellezza e della sua conservazione, dello spettacolo…  Abbiamo scoperto le colpe grandissime dei responsabili dei tagli nel finanziamento dei mezzi: abbiamo sofferto l’umiliazione della disfatta dove si credeva a torto di eccellere, la sanità pubblica ancora una volta, e l’accresciuto disagio per le debolezze di sempre – cattive amministrazioni, infrastrutture, trasporti.

Eppure abbiamo anche scoperto la grandiosità possibile di un mezzo che si è rivelato indispensabile alla sopravvivenza delle democrazie nel tempo globale: la cooperazione internazionale nella formazione delle decisioni che ci riguardano tutti. …

https://www.treccani.it/magazine/atlante/societa/La_pandemia_e_il_Regno_dei_Fini.html

 

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