Good luck, Mario! (Heiner Flessbeck, da Makroskop.eu)

sabato, 20 Febbraio, 2021
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Riprendo da Makroskop.eu questo articolo (in tedesco) problematico ma augurale dell’economista Heiner Flessbeck. L’interpretazione che offre del percorso che, al di là dei demeriti innegabili delle politiche italiane, ha portato l’Europa – e non solamente, ma soprattutto l’Italia – alle criticità attuali, non si discosta sostanzialmente dai rilievi che Pierluigi Ciocca, nel volume Tornare alla crescita. Perché l’economia italiana è in crisi e cosa fare per rifondarla (Donzelli, 2018), solleva nei confronti delle scelte depressive del proprio mercato interno della Germania, scelte che, sacrificando il suo potenziale produttivo alla crescita delle esportazioni, rappresentano altrettanti vincoli attorno ai quali gli altri Paesi europei – e segnatamente il nostro – sono stati sinora costretti a muoversi. Riportiamo qui l’incipit dell’articolo e una sua piuttosto sommaria traduzione. È probabile, come dice Caracciolo, che non ci sia futuro per l’Unione Europea se Draghi non avrà successo. Ma si può anche sostenere che, proprio affinché abbia duraturo successo, sia necessario sostenerlo nella difficilissima impresa di mettere in discussione l’idea che all’asimmetrico e sbilanciato “sviluppo” economico della Unione così come sinora è stato impostato dalla prevalente dottrina macroeconomica tedesca, si debba ricercare un’alternativa. Perché, avverte l’economista: «Il più grande avversario di Draghi sarà il “nocciolo duro della CDU/CSU”, che per il dopo crisi ha già in mente la reimposizione delle vecchie regole sul debito e pensa a delle condizioni dure da imporre a chiunque voglia prendere in prestito anche un solo euro da Bruxelles». Come scrive Flessbeck, tuttavia: «Il grande vantaggio di Draghi è la sua profonda conoscenza delle istituzioni. Non combatterà sul fronte sbagliato. Dopo tutto, data la sua lunga esperienza in un numero infinito di commissioni, sa bene che il suo avversario più importante non è a Bruxelles, ma a Berlino. È soprattutto in questo che si differenzia dagli ingenui di destra e di sinistra che siedono nelle loro stanzette e scrivono e blaterano sull’Europa neoliberista e sulla Commissione europea, senza però aver mai visto un’istituzione europea o internazionale da vicino e i veri equilibri di potere al loro interno». È soprattutto a questo, credo, che sia ragionevole appendere la nostra speranza.

Der Arme, habe ich im ersten Augenblick gedacht, als ich hörte, dass Mario Draghi vom Staatspräsidenten Italiens das Mandat angenommen hat, eine neue italienische Regierung zu bilden. Doch bei etwas gründlicherem Nachdenken wurde mir klar, dass Mario, den ich seit mehr als 20 Jahren kenne, aus meiner Sicht – und vielleicht sogar aus seiner eigenen Sicht – durchaus der Arme sein mag, für Italien aber vermutlich eine einmalige Chance bedeutet.

Welches Land kann schon von sich sagen, dass es über einen Ministerpräsidenten verfügt, der nicht nur von den im Parlament vertretenen Parteien von rechts bis links breite Unterstützung bekommen hat, sondern auch über eine einmalige Erfahrung in der nationalen wie der internationalen Arena verfügt. Mario Draghi hat seit Beginn der 1990er Jahre in allen wichtigen Gremien gesessen (und Verantwortung übernommen), die sich mit der Weltwirtschaft, Europa und der italienischen Wirtschaft befassen. Er hat schließlich die wichtigste wirtschaftspolitische Position in Europa zu einer Zeit übernommen, wo die Europäische Währungsunion (EWU) kurz vor dem Zusammenbruch stand und ihr in einem entscheidenden Moment Halt geboten.

Das alles garantiert natürlich nicht, dass er die Intrigen und Ränkespiele der Politik in einer Weise mitspielen kann, die es ihm erlaubt, auch dieses Amt mit Erfolg zu Ende zu bringen. Aber das Potential, das seine politische Ambition hat, ist wegen seiner großen Erfahrung und seines Wissens um die entscheidenden Zusammenhänge enorm. Es ist auf jeden Fall viel größer als bei irgendeinem der Politiker, die in den vergangenen dreißig Jahren das Ruder in Rom in die Hand nehmen durften. (…)

(leggi l’originale in tedesco)

Pover’uomo, ho subito pensato quando ho sentito che Mario Draghi aveva accettato il mandato da Presidente del consiglio per formare il nuovo governo italiano. Riflettendo, però, mi sono poi reso conto che Mario, che conosco da più di 20 anni, e che dal mio punto di vista può anche essere “povero” – e forse anche dal suo – probabilmente per l’Italia rappresenta invece un’opportunità unica.

Quale Paese può dire di avere un primo ministro che non solo ha ricevuto un ampio sostegno dai partiti rappresentati in Parlamento, di destra come di sinistra, ma che ha anche collezionato un’esperienza unica sia in campo interno che internazionale. Mario Draghi sin dai primi anni 90 ha fatto parte (e si è assunto la responsabilità) di tutti i principali organismi che si occupano di economia globale, europea ed italiana. Ha assunto la più importante posizione in materia di politica economica all’interno dell’Eurozona in un momento in cui l’Unione Monetaria (UEM) era sull’orlo del collasso, offrendole un appiglio in una fase cruciale.

Nulla di tutto ciò, naturalmente, può garantire che sarà anche in grado di partecipare agli intrighi e ai complotti tipici della politica, e di portare a termine e con successo anche questo incarico. Ma il potenziale della sua ambizione politica è enorme, data la sua vasta esperienza e conoscenza delle questioni cruciali. E in ogni caso, è molto più grande di quello di qualsiasi altro politico a cui è stato permesso di prendere il timone a Roma, almeno negli ultimi trent’anni.

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Un commento a Good luck, Mario! (Heiner Flessbeck, da Makroskop.eu)

  1. Stefano Cardini
    domenica, 21 Febbraio, 2021 at 22:06

    Coltivare la speranza, ma non abdicare all’intelligenza. La presenza letterale di interi passaggi del discorso di insediamento di Mario Draghi, pedissequamente ripresi senza che neppure fosse dichiarato, da un articolo pubblicato dall’economista e da lungo tempo editorialista organico del Corriere della sera Francesco Giavazzi, non è semplicemente imbarazzante, come imbarazzante è che non sia stato quasi da nessuno messo in evidenza. È inquietante. Perché rischia di confermare la fortissima impressione – per usare un eufemismo – che le future linee politiche di governo e le linee editoriali dei quotidiani maggiori (Corriere della sera, la Repubblica, La Stampa, Il Sole 24 Ore), tutti in mano alla stessa forza confindustriale ormai di proprietà transalpina, trovino una stupefacente convergenza “ab origine”. Soprattutto laddove si consideri che tra i suggerimenti ripresi – peraltro sulla scorta del precedente della Danimarca, Paese come è a tutti evidente dalla struttura socio-economica a noi particolarmente affine – c’è quello di abbassare l’aliquota più alta dell’IRPEF.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/21/ridurre-la-tassazione-cosi-draghi-ha-copiato-leconomista-giavazzi/6108474/?fbclid=IwAR2MiPc1NkewJooWD3D1mNvqG1Rc9vsaJ8rYwN9zaPPJWjHnKJ8p334XjGg

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